Il timido piano europeo sui trasporti

Tagliare del 60% le emissioni entro il 2050, ma lasciare che aumentino dell'8% fino al 2030. Il piano della Commissione sui trasporti punta molto su intermodalità e ferrovie, vuole bandire le auto inquinanti dalle città entro il 2050 e promette più tasse per chi più inquina. Ma per molti è carente su obiettivi e azioni a breve termine.

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Niente più auto a petrolio nelle città entro il 2050, 40% di biocarburanti per l’aviazione, taglio delle emissioni del settore del 60%: annunci che vanno bene per i titoli, ma che nascondono un piano, per molti ,troppo timido. Tanto più che, come ha dichiarato nel presentarlo il responsabile trasporti della Commissione europea, Siim Kallas, “le scelte fatte oggi determineranno come sarà il trasporto nel 2050“. Stiamo parlando del White Paper on Transport 2011, l’atteso documento strategico della Commissione per ridurre le emissioni del settore trasporti nei prossimi 40 anni (in allegato in basso). Ne avevamo dato alcune anticipazioni in Qualenergia.it, Come sarà il piano europeo per i trasporti al 2050.

Un documento che parte dalle premesse sulla situazione attuale per individuare degli obiettivi e le misure per raggiungerli. Il settore attualmente conta 10 milioni di impiegati e contribuisce per un 5% del Pil europeo. Trasporto e logistica pesano per circa il 10-15% sul prezzo finale delle merci e le famiglie spendono per spostarsi in media il 13,2% del loro reddito. Le infrastrutture spesso sono inadeguate e il traffico ci costa circa 1 punto di Pil. Ma soprattutto, il trasporto europeo conta ancora per il 96% sul petrolio e, nello scenario della Commissione, gli spostamenti di merci aumenteranno del 40% al 2030 e dell’80% entro il 2050, mentre quelli dei passeggeri rispettivamente del 34 e del 51%.

Dato che per la Commissione “ridurre la mobilità non è un opzione”, come ha sottolineato anche Kallas nel presentare il white paper, servirebbe una rivoluzione per arrivare al taglio delle emissioni del settore che si è stabilito come obiettivo: meno 60% al 2050 rispetto al livello del 1990. Una rivoluzione che però non sembra concretizzarsi nel piano. Agli obiettivi a lungo termine (entro il 2050 niente auto con motori convenzionali nelle città, meno 40% CO2 per il settore navale, 40% di carburante “low carbon” per l’aviazione) si contrappone infatti un obiettivo modesto per il 2030: tagliare la CO2 dai trasporti del 20% rispetto ai livelli del 2008, ossia lasciare che aumenti dell’8%, se consideriamo come baseline il 1990.

Tra le misure da adottare subito contenute nel piano (qui una sintesi) una revisione della legislazione sulle ferrovie (attesa entro il 2013) per rendere il trasporto su rotaia più attraente (anche per gli investitori privati); nuove proposte entro fine anno per  implementare un sistema europeo di mobilità intermodale (il TEN-T, Trans-European Transport Network che dovrà essere pronto per il 2020); altre misure per favorire efficienza dei trasporti aerei e via acqua  (come il pacchetto per migliorare efficienza e capacità degli aeroporti, da approvare entro fine anno, o la rimozione delle restrizioni alla navigazione interna, attesa entro il 2012).

L’obiettivo è spostare su acqua o rotaia entro il 2030  il 30% degli spostamenti merci sopra i 300 km e più del 50% entro il 2050. Entro il 2030 le linee ferroviarie ad alta velocità secondo il piano dovranno essere triplicate mentre entro il 2050 la maggioranza degli spostamenti di passeggeri sopra i 300 km dovrà essere su ferro e il treno dovrà arrivare in tutti gli aeroporti. Le auto a motori convenzionali nei centri urbani, secondo la strategia della Commissione, saranno ridotte del 50% entro il 2030 ed eliminate entro il 2050.

Interessante poi la propugnazione nella strategia del principio “chi inquina paga” e chi “usa paga”: entro il 2012 arriveranno le linee guida su come gli Stati membri potranno imporre pedaggi stradali differenziati per ridurre maggiormente consumi ed emissioni. Successivamente verrà costruita una cornice normativa per guidare gli Stati nel tassare le esternalità negative: leggasi più tasse sui veicoli o sui carburanti più inquinanti, con i proventi che dovranno essere in parte reinvestiti per migliorare l’efficienza dei trasporti. Misure che però ovviamente sono demandate alla volontà dei vari membri dell’Unione Europea.

Un piano con buone intenzioni, ma che non prevede politiche radicali. Per capire quanto sia poco incisivo basta guardare le reazioni di ambientalisti e lobby. Se da una parte protestano per la svolta proposta verso rotaia e navigazione International Road Transport Union, associazione del trasporto su strada e i produttori di auto dell’Acea, dall’altra EPIA,  la lobby delle raffinerie, non è affatto preoccupata constatando che “i derivati del greggio, secondo fonti indipendenti come la Iea, continueranno ad avere un ruolo importante per decenni”.

Critico invece il giudizio di ONG come Greenpeace secondo cui il piano “fallisce nell’obiettivo di decarbonizzare il settore e liberarlo dalla dipendenza dal petrolio” e Transport & Environment: “La Commissione pianifica di tagliare le emissioni dell’1% l’anno fino al 2030 e del 5% l’anno dopo quella data. Posticipa l’azione e si affida a miracolose evoluzioni tecnologiche“. Non piace a T&E nemmeno l’obiettivo dei biocarburanti per l’aviazione, che non dice nulla sulla sostenibilità di questi e c’è una critica anche sui i grandi investimenti in infrastrutture: “l’UE spende ogni anno 13 milioni in infrastrutture, ma questo documento non dice nulla di concreto su come assicurarsi che vengano finanziati solo progetti sostenibili. L’Europa dovrebbe legare i finanziamenti per i progetti nei trasporti alla quantità di CO2 che fanno risparmiare”.

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