Contro la crisi? Alzare l’obiettivo 2020 sulla CO2

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Tagliare le emissioni del 30% al 2020, anche senza aspettare un accordo internazionale, farebbe bene all'economia europea: 6 milioni di posti di lavoro in più e una crescita del Pil del 6%. A dirlo uno studio commissionato dal Ministero dell'Ambiente tedesco e appena pubblicato.

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Tagliare le emissioni del 30% al 2020 farebbe bene all’economia europea, anche senza aspettare un accordo internazionale sul clima. Quel che serve all’Europa per uscire dalla crisi è innalzare l’asticella dell’obiettivo sui gas serra. Per la crescita economica “restare all’obiettivo del meno 20%, in una situazione in cui questo è diventato troppo basso per mettere in moto l’innovazione e per rendere stabile la volontà politica, sarebbe l’equivalente di mettersi a scavare quando si è caduti in una buca”. A dirlo uno studio commissionato dal Ministero dell’ambiente tedesco e appena pubblicato: ‘A new growth path for Europe’, dal cui executive summary sono tratte queste parole.

Il report (vedi allegato in basso), curato da un gruppo di economisti climatici coordinati da Carlo Jager del Potsdam Institute for Climate Impact Research, chiarisce che ridurre le emissioni è essenziale anche per far ripartire la crescita economica e ridurre la disoccupazione e lo fa ipotizzando uno scenario in cui l’UE27 tagli le emissioni del 30% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 senza attendere un accordo internazionale. L’obiettivo innalzato, secondo lo studio, si tradurrebbe in risultati economici importanti: 6 milioni di posti di lavoro in più; un incremento degli investimenti che dal 18% del  Pil del business as usualm arriverebbero al 22%; un aumento del Pil di circa 840 miliardi di euro (valore dell’euro 2004) e di circa il 6% per tutti gli Stati membri.

Il modello economico usato nello studio tiene conto delle “aspettative”, cioè del fatto che gli investimenti non dipendono solo dal contesto economico ma anche dalle prospettive che la politica trasmette agli investitori. Altro aspetto introdotto è quello relativo alle conseguenze del “learning by doing”, ossia il valore del know-how che si crea quando si è l’area più avanzata in un settore.   “ L’ Europa – si spiega – deve definire il suo ruolo nell’economia globale concentrandosi su prodotti di alta qualità in cui costi unitari stabili non dipendano da stipendi bassi ma dal know-how”. Ridurre le emissioni sarebbe appunto il modo di mettere in campo investimenti, paragonati a quelli che dopo il ’29 vennero incanalati negli armamenti, e nel contempo stimolare l’innovazione.

Nello scenario proposto come detto gli investimenti salirebbero di 4 punti percentuali sul Pil. L’efficienza energetica il settore in cui investire di più per tagliare in fretta la CO2 creando nel contempo ricchezza e lavoro, ma tutto il sistema energetico andrebbe trasformato, anche guardando oltre il 2020. Uno scenario quello descritto che si potrebbe avverare con uno sforzo relativamente contenuto. Occorre però, oltre ad innalzare l’obiettivo 2020, mettere in campo misure aggiuntive a quelle già esistenti. Ad esempio cambiare i sistemi di tassazione introducendo sgravi per certi investimenti. Favorire gli acquisti verdi nel settore pubblico poi sarebbe un grande stimolo per gli investimenti. E ancora: usare parte dei ricavi dell’emission trading scheme (ETS) e dei fondi strutturali per finanziare gli sforzi riduzione delle emissioni nell’Est Europa, adottare regole più severe per l’efficienza energetica negli edifici e creare un rete elettrica europea unica e intelligente.

 

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