Verso un futuro d’indipendenza energetica

Sempre più territori, specie in ambito alpino, scelgono la via dell'autosufficenza energetica. Rinunciare alle fonti fossili fa bene all'ambiente e alle economie locali, ma è un cammino che va pianificato con attenzione. Un intervento di Bruno Abegg della Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi.

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I territori ad autosufficienza energetica vanno di moda. Pur con tutte le differenze – alcuni parlano di autosufficienza, altri di autonomia energetica – questi territori hanno una visione comune: intendono rinunciare all’importazione di energie fossili. Il comune di Güssing nel Burgenland austriaco, il comune bioenergetico tedesco di Jühnde e l’isola danese di Samsø sono veri pionieri. Questi precursori non solo hanno indicato la via, ma hanno anche dimostrato che la si può percorrere.

Le idee convincenti trovano facilmente chi se ne appropria e ne segue l’esempio. Per questa ragione non sorprende affatto che molti territori alpini si stiano incamminando verso l’autosufficienza energetica. L’obiettivo di queste visioni, perseguite ad esempio nell’Achental in Germania, a Goms in Svizzera, ma anche nella città italiana di Bolzano (che intende raggiungere la neutralità climatica entro il 2030) e nel Land austriaco del Vorarlberg (che punta all’autonomia energetica entro il 2050), è sempre lo stesso: il fabbisogno medio annuo deve essere coperto da energie regionali e rinnovabili.

Ciò presuppone però una gestione più avveduta ed efficiente dell’energia. Autonomia energetica significa anche agricoltura e selvicoltura sostenibile, edilizia ad alta efficienza energetica insieme a una mobilità e a una pianificazione territoriale rispettosa del clima. In altre parole, chi prende sul serio questo obiettivo mette in moto un complesso cambiamento strutturale a favore dell’economia, della società e dell’ambiente.

Questo cambiamento è possibile solo se la popolazione e tutti i gruppi di interesse si muovono nella stessa direzione. I fattori di successo comprendono idee chiare con obiettivi realistici e fin dall’inizio occorre puntare a risultati visibili, ad esempio sotto forma di progetti faro. Questi servono a mostrare come l’obiettivo sia raggiungibile e come la visione possa diventare realtà.
La realizzazione di un territorio autosufficiente dal punto di vista energetico implica sempre una serie di obiettivi correlati: riduzione della fuga di capitali, maggiore certezza degli approvvigionamenti, protezione del clima, investimento in tecnologie promettenti, conservazione dei posti di lavoro esistenti, creazione di nuovi posti di lavoro e molto altro. Al centro dell’argomentazione troviamo spesso la creazione di valore regionale. E a ragione, perché le previsioni di uno sviluppo economico positivo conferiscono all’idea dell’autosufficienza energetica un solido consenso da parte della popolazione e della politica.

Dipende da diverse condizioni generali se le promesse collegate potranno essere realizzate o meno. È importante trovare un finanziamento legato al territorio: a ciò possono contribuire investitori regionali, società partecipate dalla cittadinanza e l’impegno delle banche locali. Oltre a ciò si tratta di rafforzare i cicli economico-regionali e le filiere di valore aggiunto a essi collegate. Nel settore dell’edilizia ad alta efficienza energetica questo è relativamente semplice, purché si utilizzino materiali da costruzione provenienti dalla regione e fonti energetiche locali per il riscaldamento.

La maggior parte delle iniziative per l’autonomia energetica evoca la sostenibilità, ma nella pratica prevalgono poi i punti di vista economici, come peraltro ovunque nella politica e nell’economia. Gli aspetti ecologici vengono relegati nelle priorità secondarie e di conseguenza spesso trascurati. Questo atteggiamento diventa evidente quando si tratta di attuare progetti energetici concreti e quando insorgono conflitti fra la politica energetica e la protezione della natura. Particolarmente conflittuali possono essere: la costruzione di grandi impianti, ad esempio generatori eolici e impianti fotovoltaici; un’ulteriore estensione dell’idroelettrico in conflitto con la protezione degli ultimi corsi d’acqua incontaminati; una concorrenza fra le colture energetiche e le produzioni agro-alimentari; l’eccessivo sfruttamento delle risorse forestali insieme a una gestione non sostenibile e la produzione monoculturale del legname energetico.

Queste problematiche conflittuali possono essere disinnescate concentrando maggiore attenzione sull’efficienza e sul risparmio energetico. Ogni chilowattora non consumato, infatti, non deve essere prodotto e non genera conflitti a livello di produzione. Inoltre le centrali a biomassa devono essere concepite in modo da evitare i trasporti inutili e da coprire le capacità con risorse locali e regionali. In questo senso va considerato anche l’aspetto territoriale. Un approccio troppo localistico potrebbe portare al finanziamento e all’attuazione di misure poco efficienti, come, ad esempio, la costruzione di parchi eolici che altrove sarebbero gestibili in maniera più economica. Tutte queste riflessioni indicano la necessità di individuare i siti più idonei, di puntare sulla cooperazione fra territori adiacenti e sulla compensazione degli interessi fra obiettivi di politica energetica e di protezione dell’ambiente.

Quello che funziona su piccola scala va poi applicato anche in grande stile. In una relazione specifica (vedi sotto) la CIPRA, Commissione Internazionale per la protezione delle Alpi, indica le vie verso l’autosufficienza energetica, segnala possibili ostacoli, presenta soluzioni orientate alla pratica ed esorta ad agire: l’autosufficienza energetica ha senso, è un bene per il clima, crea posti di lavoro e aumenta la creazione di valore economico locale. La CIPRA ha davanti agli occhi una grande visione: l’autonomia energetica di tutto l’arco alpino entro il 2050 – con tutto quello che ne deriva.

Territori ad autosufficienza energetica – Una relazione specifica della CIPRA
La CIPRA ha elaborato i risultati del progetto “cc.alps: Cambiamenti climatici – pensare un passo avanti! predisponendoli sotto forma di Compact. Il Compact “Territori ad autosufficienza energetica” mette in luce le ragioni a favore della costituzione di una regione del genere. Vi vengono illustrati i singoli elementi del processo di avvicinamento all’autonomia energetica. E infine vengono presentati cinque esempi di buone pratiche dell’arco alpino: tre regioni a carattere rurale, un’iniziativa urbana di Bolzano e il Land austriaco del Vorarlberg come grande regione (vedi allegato in basso).

Per informazione sui progetti: CIPRA, Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi

 

 

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