Biocarburanti più sostenibili per l’Europa?

La Commissione Europea emana le linee guida per certificare i biofuel, in modo che solo i meno impattanti contribuiscano all'obiettivo Ue del 2020. Niente più carburanti coltivati su terre deforestate, ma mancano ancora misure contro il cambio indiretto d'uso del suolo. Critici gli ambientalisti: l'obiettivo biocarburanti resta "intrinsecamente insostenibile".

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Una certificazione sui biocarburanti aiuterà a raggiungere l’obiettivo europeo sulle rinnovabili nei trasporti in maniera più sostenibile. È quanto stabilisce il pacchetto di decisioni sui biofuel adottato giovedì scorso dalla Commissione europea: contribuiranno ai vari obiettivi nazionali in materia solo i carburanti dotati di un'”etichetta” che certifichi che sono stati prodotti in modo sostenibile, anche se non sono previste sanzioni o divieti di vendita per i biocarburanti non certificati.

Per ottenere l’etichetta in questione – si specifica nel documento emanato dalla Commissione (vedi allegato) – i biocarburanti dovranno avere determinati requisiti. Ad esempio un produttore di etanolo brasiliano dovrà provare che i terreni su cui coltiva la canna da zucchero erano già destinati alla coltivazione almeno dal 2008 e che non siano stati ricavati con la deforestazione. A controllare la certificazione sarà un ente terzo indipendente, mentre la responsabilità sarà comunque dell’importatore. Le regole per la certificazione saranno riviste ogni 5 anni, ma potranno anche essere modificate nel percorso qualora dimostrassero di non funzionare.

Niente più biocarburanti coltivati in aree protette, ad alta biodiversità o in foreste – stabiliscono i nuovi criteri definiti da queste linee guida – che vanno ad aggiungersi a quelli già esistenti, ossia che solo i biocarburanti che comportano almeno il 35% in meno di emissioni rispetto ai combustibili tradizionali siano conteggiati per il raggiungimento dell’obiettivo (percentuale che sarà portata al 50 nel 2017 e al 60 nel 2018).

Le nuove linee guida eliminano finalmente la scappatoia per la quale le coltivazioni di palma da olio erano considerate foreste, ponendo fine ad una delle pratiche più impattanti. Mancano invece ancora misure per quantificare e ridurre l’impatto dovuto al cambio indiretto d’uso del suolo (detto ILUC, semplificando: per far posto ai biocarburanti  altre colture, ad esempio quelle alimentari, possono essere spostate causando deforestazione); secondo fonti vicine alla Commissione potranno essere aggiunte più avanti.

Ora, pronte le linee guida, dovranno essere le associazioni di produttori e importatori a proporre e mettere in piedi i meccanismi di certificazione. Proprio da questi vengono le reazioni più soddisfatte, come quella di eBIO (pdf), l’associazione europea dell’industria dei biocarburanti o quella di Unica, l’associazione dei produttori di canna da zucchero brasiliani (che pure richede “definizioni più chiare” dei criteri).

 
Fortemente critiche invece le associazioni ambientaliste. Per Greenpeace – che pure plaude ad alcuni punti del documento come quello sulle palme da olio – le linee guida “non fanno abbastanza fermare la deforestazione e il massiccio incremento di gas serra legato ai biocarburanti.”  Ancora più dura Friends of the Earth, secondo la quale la posizione della Commissione “non passa il test verde”.
Malgrado gli insufficienti aggiustamenti la politica europea sui biocarburanti – dichiara il direttore della campagna cibo ed agricoltura dell’associazione, Adrian Bebb – è “intrinsecamente insostenibile, causa più emissioni, aumenta la fame e incoraggia il latifondismo nel Sud del mondo”

Insomma, le linee guida per rendere più sostenibili i biocarburanti non placano il dibattito attorno all’obiettivo europeo in materia. Forti critiche a quel 10% di rinnovabili nei trasporti (che nella pratica potrebbe tradursi quasi totalmente in un 10% di biocarburanti) erano venute da istituzioni come l’Agenzia europea per l’ambiente (Qualenergia. it, Biocarburanti: obiettivo da rivedere), l’IPCC e la Fao (Qualenergia.it, Biocarburanti tra fame e ambiente), mentre qualche mese fa un report dell’Ong Actionaid denunciava che l’aumentato fabbisogno di biofuel, dovuto all’obiettivo europeo, avrebbe portato alla fame 600 milioni di persone (Qualenergia.it, L’Europa dei biofuel e la fame dei paesi poveri).

Anche i dati più ottimistici, come quelli dell’ultimo report diffuso dalla Commissione (Qualenergia.it, Biocarburanti obiettivo controverso), chiariscono che affinché l’obiettivo del 10% di energie rinnovabili nei trasporti porti a riduzioni significative di emissioni di gas serra, i biocarburanti scelti devono essere tra i più sostenibili e, comunque, il loro contributo non dovrebbe superare il 5,6%

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