Scenari di rapida transizione energetica

Mentre la Cop 15 fallisce e Obama delude per le sue idee più recenti, alcuni think-tank spiegano che trasformare il sistema energetico mondiale, uscendo rapidamente da fonti fossili e nucleare, è possibile. E' il caso di un recente lavoro del Worlwatch Institute dove si spiega che più del potenziale delle rinnovabili può la politica.

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Scelte politiche e adeguate misure sono molto più importanti del potenziale tecnico (vedi grafico – fig.5), seppure notevole, delle energie rinnovabili ai fini di una vera trasformazione del sistema energetico tradizionale. Questo messaggio, presente in un recente report del Worldwatch Institute, era chiaramente destinato alla classe politica mondiale che si stava accingendo a partecipare alla Cop15 di Copenhagen; oggi sembra ancora più indicato a voler stigmatizzare gli ultimi mesi di politica energetica di Obama. Il presidente Usa, infatti, sembra avere avuto su questi temi una svolta a 180 gradi rispetto alle aspettative di molti: rilancio del nucleare, rivalutazione del ruolo del “carbone pulito” e realizzazione di nuovi pozzi petroliferi nel Golfo del Messico, ovviamente tenendo anche fermi gli impegni su rinnovabili ed efficienza energetica negli usi finali. Un po’ troppa carne al fuoco, si direbbe. Oppure semplicemente sta lanciando una palla, sapendo che nessuno poi in concreto potrà afferrarla o per ragioni di mercato o per gli eventuali vincoli ambientali?
Conoscendo la forza di controllo delle grandi lobby energetiche statunitensi è meglio non fidarsi ed ecco allora che importanti think-tank ambientalisti americani sfornano rapporti sulla possibilità di convertire l’economia americana e globale con soluzioni energetiche a basso impatto ambientale. Anche loro vogliono dire forte: “Yes, we can”.

Come detto uno di questi documenti è quello del prestigioso Worldwatch Institute dal titolo “Renewable Revolution: Low-Carbon Energy by 2030” (vedi allegato). Gli autori, Janet L. Sawin e William R. Moomaw, per sintetizzare spiegano che l’unica strategia possibile per fermare il degrado del clima da intraprendere è quella di spingere in combinazione le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. E’ anche la solo opzione concreta per far uscire dalla povertà miliardi di persone che non potranno più sopportare una economia basata sulle fonti fossili il cui futuro è destinato ad una dura competizione per accaparrarsi risorse che saranno sempre più scarse. Per attuare questa transizione servono obiettivi molto aggressivi – dice il report – soprattutto sul breve e medio termine. Per questo gli scenari proposti hanno l’orizzonte temporale del 2030.
Il processo è fattibile, affermano gli autori, anche alla luce dell’andamento delle energie rinnovabili in questi ultimissimi anni. Queste nel 2007 fornivano più del 18% dell’offerta totale di energia, grazie a più di una decade di tassi di incremento a doppia cifra. La quota di generazione delle rinnovabili elettriche (escluso il grande idroelettrico), ad esempio, è balzata dal 5% del 2003 al 23% del 2008 (vedi grafico – fig. 4).

L’idea alla base della necessaria sinergia tra efficienza energetica e rinnovabili è che la prima può facilitare la crescita della quota delle energie pulite, elettriche e soprattutto termiche (il trasporto è basato sull’elettrico), partendo da quelle già commercialmente disponibili, con vantaggi sia economici che di tempistica, oltre ad una più rapida riduzione delle emissioni di gas serra. Il denaro risparmiato grazie alle politiche della domanda può essere investito per incrementare le installazioni di impianti a fonti rinnovabili e per un aumento addizionale dell’efficienza energetica.
Questo approccio, secondo il Worldwatch Institute, può consentire la copertura del 50% di tutti i consumi energetici con fonti rinnovabili entro due decadi e far fare un bel passo in avanti sulla strada della riduzione delle emissioni secondo gli obiettivi indicati dall’Ipcc al 2050.


Quali le strategie andrebbero attuate per ottenere questo scopo e rimpiazzare l’attuale complesso e radicato sistema energetico? In sintesi lo studio dell’organizzazione americana lo spiega così:
1. Dare un prezzo del carbonio e farlo crescere anno dopo anno. Questa sorta di carbon tax può essere realizzata attraverso un sistema “cap and trade” oppure attraverso una tassa fissa che assegni un livello minimo a tutti i prezzi delle fonti fossili. La gran parte del reddito ottenuto da queste politiche dovrebbe essere investito per aiutare i privati e le imprese ad adattarsi ai prezzi più elevati, mentre si orientano verso le nuove tecnologie energetiche.
2. Varare politiche di breve e lungo periodo che superino le barriere istituzionali e legislative alle rinnovabili e al contempo eliminare quei regolamenti che favoriscono le fonti fossili.
3. Sviluppare strategie in grado di far decrescere gradualmente lo stock di capitale energetico ad elevate emissioni di carbonio, principalmente le centrali a carbone. Un esempio di azione da attivare è l’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili.

Un cambiamento di questa portata può scoraggiare anche le menti più ottimistiche, ma gli autori del Worldwatch Institute ci ricordano che il mondo ha già sperimentato una rivoluzione comparabile appena un secolo fa. Nel 1907 solo l’8% delle case statunitensi avevano l’energia elettrica ed Henry Ford partiva con la produzione di massa del “modello T” solo l’anno successivo. Nessuno avrebbe mai immaginato che a metà del secolo pressoché tutti gli americani e milioni di persone in tutte le parti del mondo avrebbero avuto l’elettricità e che l’auto avrebbe modificato così tanto gli stili di vita e l’economia.

La trasformazione è possibile e i suoi costi non sono l’ostacolo principale. Le resistenze vanno cercate nella politica e in coloro che oggi hanno il pallino dell’economia energetica mondiale.

LB

10 marzo 2010

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