Questa posizione emerge dalle previsioni sulla produzione di energia da rinnovabili che i vari paesi dovevano fare arrivare all’Ue entro il 31 dicembre 2009 (in fondo il link per consultare i vari documenti nazionali, in pdf). Una consegna rispettata quasi da tutti, salvo una manciata di paesi tra cui il nostro (gli altri ritardatari sono Polonia, Grecia, Malta e Regno Unito).
Anche paesi come Francia e Repubblica Ceca ritengono di poter raggiungere senza acquisizioni dall’estero gli obiettivi assegnati. Relativamente pochi sono gli Stati membri che ammettono le proprie difficoltà: tra questi il Belgio (deve raggiungere il 13% e nel 2005 era a poco più del 2%) e i Paesi Bassi. In prima fila invece i soliti noti delle rinnovabili: Svezia, Danimarca, Germania, Spagna e Portogallo che prevedono di superare gli obiettivi assegnati. Obiettivi che per alcuni sono più che doppi rispetto al 17% dell’energia primaria che l’Italia dovrà ottenere: la Svezia, ad esempio, ha come obiettivo il 49% ma prevede di superare il 50, mentre il Portogallo ha un target del 31%, con un sovrappiù di energia da esportare.
La direttiva sugli obiettivi 2020 infatti prevede che i paesi che non ce la faranno a conseguire gli obiettivi nazionali potranno compensare con l’acquisto di energia pulita da quelli che hanno superato i loro. Possibilità che però si scontra con ostacoli tecnici messi in evidenza in vari documenti di previsione: i paesi con eccesso di energia da rinnovabili sono spesso geograficamente periferici e mancano le reti per trasportare l’elettricità pulita ai paesi in deficit. Difficilmente l’obiettivo complessivo europeo si potrà raggiungere senza realizzare opere come gli elettrodotti che trasportino l’elettricità dell’eolico off-shore del Mare del Nord o quella prodotta dal solare o dall’eolico dei paesi mediterranei.
Ma gli ostacoli verso l’obiettivo del 20% al 2020 sono diversi. Per rendersene conto basta consultare l’ultimo rapporto della Commissione sulle rinnovabili nell’Unione (vedi allegato), che parla di un’Europa ancora in ritardo e che fa fatica a fare grandi progressi: dal 2004 al 2006, ad esempio, in 7 paesi nel settore elettrico la quota delle rinnovabili non è cresciuta o è addirittura calata (anche se in 6 paesi, Italia compresa, è cresciuta di oltre il 2%).
La previsione di quel report, pubblicato ad aprile 2009, è che l’Ue non riuscirà a raggiungere il traguardo intermedio (questo non obbligatorio) che si era posta per il 2010, cioè di soddisfare il 12% del fabbisogno energetico con fonti pulite. A rallentare il progresso, sottolinea la Commissione, sono procedure autorizzative penalizzanti, problemi di infrastrutture, mancanza di politiche di sostegno, anche sul fronte dell’efficienza e del risparmio energetico: tutti problemi dovranno essere risolti nell’ambito dei piani d’azione nazionali che saranno presentati a giugno e che potranno dare più concretezza all’attuale ottimismo europeo.
I documenti di previsione degli Stati membri
GM