Il nucleare di Stato

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Un rapporto della Corte dei Conti britannica mette in guardia: c'è il rischio che i costi per i nuovi reattori vadano a ricadere sullo Stato, quindi sui cittadini. Nel contratto stipulato con EDF mancano garanzie in proposito. Un ulteriore colpo alla credibilità della promessa di un nucleare privato economicamente autosufficiente.

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La nuova ondata nucleare inglese potrebbe andare a pesare sulla finanza pubblica. Malgrado le ripetute rassicurazioni del governo britannico che i nuovi 11 reattori previsti saranno realizzati e gestiti interamente a carico dei privati, è invece probabile che ci sia bisogno di una iniezione di sovvenzioni pubbliche. L’avvertimento arriva dal National Audit Office (NAO), il corrispondente britannico della Corte dei Conti.

In un rapporto dettagliato (vedi allegato) l’organismo di controllo è andato ad esaminare le condizioni dell’operazione alla base del piano nucleare inglese, ossia la cessione di British Energy ad Edf, l’utility francese che sarà protagonista del rilancio nucleare sia nel Regno Unito che nel nostro paese.

Il prezzo spuntato dal governo nel 2007 per la cessione della sua quota di BE (privatizzata nel ’96, ma che conservava una partecipazione statale del 36% tramite il Nuclear Liability Fund) ad EDF, secondo il NAO è stato adeguato. Tuttavia ciò non mette affatto al riparo dall’eventualità che lo Stato debba sborsare altri soldi per la costruzione delle nuove centrali e il decomissioning.

Nel contratto di vendita (che ha fruttato 4,4 miliardi di sterline) – fa notare la Corte dei Conti inglese – non c’è infatti nessuna condizione che garantisca sul fatto che i nuovi proprietari costruiscano effettivamente le nuove centrali, inoltre se EDF non riuscirà a sostenere i costi per decomissioning e smaltimento scorie questi resteranno a carico dello Stato. La vendita di British Energy – chiarisce il rapporto – era stata studiata per mettere nelle mani dei privati la responsabilità per la nuova generazione di impianti nucleari, ma non ci sono garanzie che il Governo non debba intervenire per sostenere gli ingenti costi di costruzione e dismissione.

“La principale priorità per il Governo era di accelerare la costruzione degli impianti e senza aiuto pubblico – spiega il direttore del NAO Amyas Morse – ma che questo accada è tutto da vedere. Il Department for Energy and Climate Change (DECC, il Ministero per l’energia, ndr) ora deve munirsi di un piano di azione nel caso EDF non voglia costruire le nuove centrali”. Tradotto: se vogliono il nucleare devono essere pronti a sborsare, avverte il NAO, anche se il DECC sostiene che non ce ne sarà bisogno.

Come commenta il portavoce dei Liberal Democrats, Simon Hughes “le promesse governative che il nucleare non avrebbe ricevuto sussidi non hanno valore nel momento in cui si è già firmato un assegno in bianco in favore delle utility private”. Era comunque evidente che per realizzare i nuovi impianti i privati chiedessero un aiuto dallo Stato: si vedano le richieste di EDF di incentivi che favoriscano l’elettricità dall’atomo al pari di quella dalle fonti pulite (Qualenergia.it – “Nucleare, Edf allunga la mano”). A ottobre The Guardian rivelava l’esistenza di un accordo segreto tra governo ed EDF in cui si sarebbe garantito un supporto indiretto al nucleare tenendo alto il prezzo della CO2 (costo stimato per l’utente di questo aiuto  circa 48 euro all’anno. Qualenergia.it – “Nucleare con stampella … statale”).

Quindi, ancora una volta,, il rapporto del NAO mette ulteriormente in dubbio la promessa di un nucleare privato economicamente autosufficiente in un mercato liberalizzato; la stessa che sta facendo il Governo italiano, ma che è stata già ampiamente smentita dall’esperienza americana, dove da 30 anni non si costruiscono reattori e l’industria è alla continua ricerca di fondi di garanzia e altri aiuti, compresa la possibilità di scaricare in anticipo sui consumatori  i costi degli impianti ancora da realizzare (Qualenergia.it – “L’anticipo della bolletta nucleare”).

Intanto per il piano nucleare di Londra si prospetta un problema in più: una possibile causa legale mossa dall’associazione ambientalista Friends of the Earth. Sotto accusa le Energy National Policy Statements (NPS), ossia la strategia nazionale in materia di energia, le cui singole opere dovranno essere valutate, a partire da marzo, dalla Infrastructure Planning Commission (IPC). Le NPS sarebbero illegali perché non prevedono che la IPC consideri l’impronta in termini di emissioni delle opere da realizzare: oltre a mettere a rischio gli obiettivi nazionali sulla CO2 questo sarebbe in contrasto con quanto richiesto a livello europeo dalla Valutazione Ambientale Strategica.

GM

25 gennaio 2010

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