Al momento ci troviamo di fronte ad un sistema basato su tecnologie vecchie di decenni e penalizzato da una carenza cronica di investimenti. Saranno i prossimi anni quelli cruciali per la realizzazione delle cosidette “smart grid”, le reti intelligenti capaci, anche attraverso l’integrazione di tecnologie informatiche, di ridurre al minimo gli sprechi, coordinando domanda e offerta e gestendo in maniera ottimale anche la generazione discontinua delle nuove rinnovabili.
Che la sensibilità di utility e politica verso il problema delle reti (e le relative opportunità offerte dall’adeguamento) si emersa negli ultimi anni è chiaro, basta guardare al ruolo che gli interventi per una smart grid hanno avuto nei vari pacchetti stimolo, primo fra tutti quello degli Usa di Obama. Molte le tecnologie disponibili che faranno la rete di domani: contatori intelligenti, sensori e sistemi di automatizzazione nella gestione della domanda e nella distribuzione, ma anche linee ad alto voltaggio in corrente continua capaci di minimizzare le perdite nella trasmissione di energia.
Una rete che permetterà, ad esempio, di coinvolgere maggiormente il consumatore nell’uso consapevole dell’elettricità facendogli sapere esattamente la quantità di energia usata nella fascia oraria di picco (quando cioè la domanda generale è più grande e l’elettricità più cara), e affinchè la si possa incentivare con tariffe multi-orarie a consumi più efficienti in termini di sistema (vedi anche la notizia che in Italia dal 1° luglio la tariffa bioraria verrà applicata a tutti clienti del regime di maggior tutela dotati di un contatore di tipo nuovo).
Tutta una serie di innovazioni basate su automazioni e reti telematiche permetterà poi di ottimizzare la produzione a seconda della domanda e di gestire al meglio l’energia da generazione distribuita come quella degli impianti fotovoltaici domestici.
Nella rete di domani poi dovranno trovare posto anche i veicoli elettrici, il cui fabbisogno dovrà essere soddisfatto integrandolo il più possibile nel sistema (una delle ipotesi è di usare i veicoli elettrici come una sorta di buffer, prelevando cioè energia dalla rete quando la produzione sia in eccesso rispetto alla domanda per poi restituirla nella situazione opposta, Qualenergia.it – “L’auto elettrica in soccorso dell’eolico”).
Ma dove si investirà di più? Dei 200 miliardi di dollari di investimenti attesi, secondo il report solo il 2% andrà all’integrazione dei veicoli elettrici, il grosso (84%) sarà destinato all’automatizzazione informatizzata della rete e il 14% ai sistemi di contabilizzazione avanzata, come i contatori intelligenti. Proporzioni che a livello locale potrebbero essere diverse, come spiegava Andrea Silvestri del Politecnico di Milano a un recente convegno sul tema. Infatti le scelte tra Cina, Usa e Ue sono diverse: in Cina si punta di più sui collegamenti ad altissimo voltaggio in corrente continua sulle lunghe distanze, in Europa è più vivo il tema della generazione distribuita, mentre gli Stati UNiti sono più attenti alla sicurezza e all’efficienza della loro rete.
Diversi infine gli ostacoli verso la “rete intelligente”: parlando delle parte informatica, che è il vero nervo delle innovazioni di cui si parla, un problema è la mancanza di standard condivisi tra i vari operatori, l’altro la necessità di proteggere le infrastrutture da eventuali attacchi telematici. Molte però le opportunità economiche che un tale adeguamento favorirà: secondo Pike Research – che va a guardare nel dettaglio 70 operatori attivi a livello mondiale nel settore – gli utili al 2013 saranno di 35 miliardi di dollari.
Insomma, la rete di domani può contare anche sulla convenienza economica oltre che su tecnologie innovative e volontà politica (l’obiettivo europeo è di informatizzare il 50% della rete entro il 2020).
GM
11 gennaio 2010