Il conto salato e occulto dei combustibili fossili

  • 21 Ottobre 2009

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Negli Usa ogni anno fanno 20mila morti e 120 miliardi di dollari in danni ambientali e sanitari, senza contare i costi legati ad emissioni e clima. Lo denuncia uno studio della National Academy of Sciences. Le energie fossili scaricano i costi sulla collettività ed anche per questo restano competitive.

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Negli Stati Uniti i combustibili fossili fanno danni per 120 miliardi di dollari ogni anno. E questo senza contare quelli legati al global warming, troppo difficili da quantificare con precisione. Economiche solo in apparenza, le fonti fossili in realtà costano care alla collettività. A ricordarlo è uno studio pubblicato lunedì dalla National Accademies of Sciences statunitense: “Hidden Costs of Energy: Unpriced Consequences of Energy Production and Use” (vedi link in basso per il report).

Lo studio, commissionato dal Congresso, parla chiaro: le fonti sporche per i soli Stati Uniti fanno appunto spendere 120 miliardi di dollari ogni anno per gli effetti sulla salute dei cittadini, oltre che per danni all’agricoltura ed altri servizi. Più di 20mila le morti premature, sempre all’anno, legate all’inquinamento da trasporti e da produzione di energia. Danni imputabili quasi integralmente ai combustibili fossili. Costi che non vengono conteggiati nel prezzo di mercato del chilowattora da carbone – attualmente la fonte più “economica” sul mercato – né in quello del litro di benzina. Se lo si facesse – spiega lo studio – il chilowattora da carbone – tra le fonti più inquinanti anche senza contare le emissioni di CO2 – dovrebbe costare dai 3,6 ai 12 centesimi di dollaro in più (a seconda del tipo di centrale) vedendo così sfumare la sua competitività economica nel confronto con fonti più pulite (Qualenergia.it “I costi nascosti del carbone”). Un litro di gasolio, invece, costerebbe dagli 87 centesimi a 1,4 $ in più.

Anche tra le rinnovabili e le motorizzazioni pulite per i trasporti lo studio fa dei distinguo: l’impatto ambientale e sanitario dell’etanolo da mais come carburante sarebbe addirittura leggermente peggiore di quello del gasolio e, sempre ricordandosi che lo studio non considera i costi legati alle emissioni di CO2,  anche le auto elettriche avrebbero ricadute negative considerevoli, legate all’inquinamento per produrre motori e batterie e a quello per produrre l’elettricità per la trazione, che negli Usa al momento è prodotta per circa la metà con il carbone.

Ma il costo delle fonti sporche a carico della collettività è in realtà molto più alto anche rispetto a quanto stimato dallo studio. Il lavoro omette infatti, per motivi tecnici,  altri importanti aspetti. Oltre a non considerare i combustibili usati per treni, aerei e navi, non include, ad esempio, i danni ambientali dell’estrazione del carbone. Nel caso del nucleare poi la stima degli extra-costi  tiene conto solo in minima parte dei danni legati all’estrazione dell’uranio (che avviene per il 95% all’estero), mentre esclude i danni potenziali derivanti da un evenetuale incidente e i costi per lo stoccaggio delle scorie, troppo incerti per essere valutati, spiegano gli autori del report. Infine tra i costi delle fonti fossili, petrolio in primis, mancano le spese militari  che sappiamo servono a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti. E nel caso degli Stati Uniti stiamo parlando di cifre astronomiche.

Anche senza considerare questi aspetti ci sono comunque abbastanza argomenti per far capire l’urgenza di neutralizzare, anche incentivando le fonti rinnovabili e l’efficienza, la finta competitività che i combustibili fossili sembrano avere, frutto di costi nascosti  che riescono a scaricare sulla collettività. Un motivo in più per far approvare dal Senato americano il Climate Bill che potrebbe segnare una svolta decisiva per il paese in materia di energia.

Lo studio della National Academy of Sciences: Hidden Costs of Energy: Unpriced Consequences of Energy Production and Use

GM

21 ottobre 2009

 
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