In Cina tra due anni boom di impianti fotovoltaici

  • 5 Ottobre 2009

La potenza fotovoltaica installata in Cina passerà in poco più di due anni dai 140 MW attuali a oltre 1,8 GW. Lo dice un report di GTM Research. Il solare cinese brucia così le tappe previste solo nel 2007 quando 1,8 GW era l'obiettivo per il 2020. Dietro la crescita una forte spinta del governo per difendere l'industria nazionale, colpita dal calo di tutto l'export.

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Dai 140 megawatt attuali, la maggior parte dei quali off-grid (non collegati alla rete) fino a oltre 1,8 gigawatt al 2011: il fotovoltaico cinese si prepara a crescere di 12-13 volte in meno di due anni. L’economia del paese, anche nel campo delle energie rinnovabili, ha sempre contato prevalentemente sulle esportazioni. Per il solare, ad esempio, circa il 95% dei prodotti “made in China” è destinato all’estero, soprattutto a Germania, Italia, Spagna e Usa. Ultimamente però, con la crisi economica, che ha fatto ridurre gli ordini dall’estero – unita alla nuova esigenza di frenare la crescita delle emissioni e far vedere al resto del mondo il proprio impegno per il clima – qualcosa sta cambiando e il gigante asiatico inizia a ad essere uno dei più grandi mercati mondiali per le rinnovabili (si veda l’editoriale “La Cina delle rinnovabili vola” su Qualenergia.it).

All’origine della grande espansione del fotovoltaico cinese prevista dall’ultimo report di GMT Research (report a pagamento, qui il sommario) c’è la determinazione del governo di Pechino di muoversi verso l’energia pulita e aiutare l’industria nazionale del solare. Due anni fa l’obiettivo governativo per il fotovoltaico era stato posto a 300 MW al 2012 e a 1,8 GW al 2020. Questa primavera le autorità cinesi parlavano di moltiplicare almeno per 10 l’obiettivo del 2020 e affermavano di poter puntare realisticamente per quell’anno a 10 GW se non a 20. Ora lo studio di GMT prevede che quello che nel 2007 era il traguardo per il 2020 verrà probabilmente superato già nel 2011, anno in cui anche nella peggiore delle ipotesi si oltrepasserà comunque la soglia di 1 GW installato.

Nel corso della primavera 2009 erano state annunciate le prime misure incentivanti per il fotovoltaico: un contributo di 2,9 $ per watt installato (circa il 50-60% dei costi) per grandi impianti sugli edifici (almeno 50 kW) e un altro programma di incentivi che assicurava il finanziamento del 50% dei costi per gli impianti connessi in rete e del 70% per quelli off-grid in zone dove la corrente non arriva. Prossima anche una tariffa feed-in (cioè che premia in base alla quantità di energia prodotta): si parla di 0,16 $ a kilowattora; non moltissimo dato che tra le priorità del governo cinese, oltre alla promozione delle rinnovabili, c’è anche quella di tenere basso il costo dell’energia per non frenare la crescita economica.

Lo sviluppo dei progetti fotovoltaici nel previsto boom cinese dei prossimi due anni – spiega il report – resterà così sostanzialmente di pertinenza delle compagnie di proprietà governativa (la maggior parte delle utility del paese). La grid-parity dovrebbe restare limitata, lameno nel breve periodo, al settore del fotovoltaico off-grid (dove si produce elettricità soprattutto da diesel a 0,15 $/kWh). La spinta sul mercato interno del solare, dunque, avverrà principalmente per volontà dello Stato e a prescindere dalle logiche di mercato. Per operatori esteri o per le joint-venture l’unica maniera di rendere redditizi gli investimenti con le tariffe proposte – spiegano gli analisti di GTM – sarebbe quello di vendere sul mercato internazionale i crediti derivanti dalle emissioni evitate.

A giovare della futura crescita della tecnologia – che dovrà comunque scontrarsi con la carenza di infrastrutture di trasmissione adeguate e con possibili colli di bottiglia – saranno invece i produttori di celle e moduli: una parte consistente dei 7 GW di moduli che secondo il report usciranno dalle industrie cinesi nel 2010 sarà quindi destinata al mercato domestico. Ancora una volta, dunque (documento su Qualenergia.it “La Cina continua la sua corsa verde”), Pechino dimostra di essere in prima linea nello spingere verso il low-carbon. A patto però che queste politiche vadano a rafforzare l’industria nazionale senza frenare la crescita del paese, per molti altri aspetti, pericolosamente insostenibile.

GM

5 ottobre 2009

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