L’Europa dei piani per l’efficienza energetica

  • 21 Settembre 2009

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Un report del Wuppertal Institut esamina i piani nazionali per l'efficienza energetica di 12 Stati membri europei per raggiungere l'obiettivo Ue per il 2016 sul risparmio energetico. Nei documenti, alcuni vaghi e altri molto dettagliati, vi sono lacune e molte misure interessanti. Bene l'Italia con i suoi certificati bianchi, bacchettata la Francia per la poca attenzione ai consumi elettrici.

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Come stanno andando i piani per l’efficienza energetica nelle varie nazioni europee? Il report che vi proponiamo (vedi allegato), realizzato dal Wuppertal Institut, nasce proprio per rispondere a questa domanda e mette a confronto sia sul piano formale che su quello dei contenuti i documenti programmatici e le misure prese nei diversi Stati europei per ridurre i consumi energetici. Un’iniziativa portata avanti per conto dell’Energy Efficiency Watch, organismo voluto dal Parlamento europeo per monitorare le politiche degli Stati membri sull’efficienza energetica derivate dalla direttiva 2006/32/EC, che impone agli Stati di muoversi per portare al 9% entro il 2016 il risparmio energetico.

Dodici i paesi i cui piani, presentati nel 2007, vengono esaminati: Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Germania, Francia, Italia, Romania, Spagna, Svezia, Ungheria, Regno Unito e Polonia. Dal report non esce una vera e propria classifica: troppo diversi fra loro per dettaglio e tipo di informazioni i piani nazionali fatti pervenire. I giudizi così sono piuttosto discorsivi, paese per paese, e prendono in considerazione sia il metodo con cui sono strutturati i piani che le varie misure adottate. 

Alcuni piani, come quello tedesco, anche se ben fatti, secondo il Wuppertal Institute non saranno sufficienti a raggiungere l’obiettivo del 9% (comunque non vincolante), altri come quello ungherese sono troppo vaghi per essere valutati. Bene l’Italia, lodata per essersi data un obiettivo leggermente superiore a quello previsto dalla direttiva: 9,6% al 2016. Positivo anche il giudizio sul meccanismo dei certificati bianchi, i titoli per l’efficienza energetica, che si ottengono implementando misure che fanno risparmiare energia e che possono essere venduti sul mercato, con specifiche società energetiche che per legge sono obbligate a possederne una quota.

La Francia, invece, pur avendo un presentato un documento che descrive misure valide in molti settori, viene bacchettata perché praticamente non presta nessuna attenzione alla riduzione dei consumi elettrici: fatto imputabille probabilmente, – spiegano gli autori del report –  al mix elettrico del paese, costituito in gran parte da nucleare (80%) e idroelettrico, fonti il cui impatto in termini di emissioni è considerato trascurabile dai legislatori (e, aggiungiamo noi, per il nucleare, una fonte poco modulabile, tant’è che quando i francesi consumano poca elettricità sono costretti a venderla all’Italia a prezzi stracciati).

Ma,  giudizi sui piani  a parte, il report è interessante per la parte in cui si descrivono i vari tipi di misure adottati dai vari paesi ai fini del risparmio energetico (da pag. 58 del documento principale). Ci sono le misure di sensibilizzazione come gli audit energetici: le diagnosi dei consumi e di come si possono ridurre sono volontarie e sovvenzionate dallo Stato in diversi paesi (Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Irlanda), mentre in Bulgaria, per determinate categorie produttive, sono obbligatorie.

Ci sono poi gli incentivi finanziari stanziati secondo varie modalità, dai prestiti agevolati, agli sgravi fiscali, agli incentivi diretti e applicati ai vari investimenti che facciano risparmiare energia. Altra grande famiglia, quella degli standard e degli obblighi, ad esempio sulle prestazioni energetiche degli edifici. L’iniziativa più innovativa però è probabilmente il Carbon Reduction Commitment contenuto nel piano britannico, che mira a creare una sorta di emission trading e che coinvolge anche le grandi organizzazioni pubbliche e commerciali.

GM

18 settembre 2009

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