La domanda se la pone il Financial Times, in un articolo in cui ospita l’opinione di due tra le maggiori associazioni ambientaliste mondiali: Friends of the Earth e Greenpeace. Per le due associazioni il bilancio delle misure finora è negativo per il pianeta. “Questa è l’occasione di una vita che ci si sta lasciando sfuggire” dichiara Ben Stewart, portavoce di Greenpeace. Gran parte dei fondi stanziati nel mondo, infatti, andranno a progetti che faranno aumentare le emissioni, come strade o centrali a combustibili fossili, mentre, secondo le due associazioni, troppo poco andrà alla sostenibilità. L’esempio sono i 27 miliardi di dollari che il piano di Obama destina alla costruzione di nuove strade: secondo l’analisi proposta comporteranno un incremento delle emissioni che annullerà la riduzione che lo stesso piano spera di ottenere investendo nello sviluppo di auto più efficienti.
Guardando i dati ci si accorge che, effettivamente, la il green deal è marginale in molti dei piani anticrisi che si stanno approvando nel mondo. Secondo l’United Nation’s Environmental Program (UNEP) solo la Corea del Sud starebbe adottando misure abbastanza efficaci da diminuire effettivamente i costi futuri del global warming. Nell’ultimo rapporto sulla “via verde” per uscire dalla crisi, Global Green New Deal (vedi allegati), l’agenzia Onu infatti fonirsce delle indicazioni affinché i piani anticrisi siano efficaci dal punto di vista ambientale: la principale è che ogni paese con un’ economia sviluppata investa, nei settori che fanno ridurre le emissioni, almeno l’1% del proprio prodotto interno lordo.
La Corea del Sud nel suo pacchetto di rilancio dell’economia – secondo i dati UNEP – stanzia l’1,2% del Pil nei settori low-carbon, di cui lo 0,5 per efficienza ed edilizia a basso consumo di energia. Secondo i dati HSBC lo stanziamento coreano in favore dell’ambiente arriverebbe all’81% della cifra totale messa in campo contro la crisi.
L’agenzia Onu, nello studio Global Green New Deal, oltre ad invitare tutti i paesi OCSE a spendere almeno l’1% del Pil per ridurre le emissioni, incita a ridurre i sussidi alle fonti fossili: se si tagliassero gli oltre 300 miliardi spesi nel mondo per sovvenzionare le fonti sporche si ridurrebbero le emissioni del 6% circa e si guadagnerebbe uno 0,1% sul Pil mondiale. A convincere le nazioni a puntare di più sul verde per rilanciare l’economia basterebbero altri dati del rapporto: ad esempio, ogni dollaro investito per migliorare l’efficienza della generazione elettrica ha dimostrato di farne risparmiare 3.
I governi del mondo, come abbiamo visto, non stanno però ascoltando le raccomandazioni dell’UNEP. Né quelle del recente studio di Nicholas Stern e colleghi (vedi articolo Qualenergia.it), secondo il quale almeno il 20% di ogni piano di rilancio dovrebbe andare a finanziare l’economia low-carbon. Alla luce delle percentuali esigue che i vari piani nazionali destinano alla riduzione delle emissioni, dunque, il timore paventato dall’articolo del Financial Times – che le misure anticrisi finiscano per far crescere le emissioni, anziché farle calare – non pare affatto infondato.
GM