Il rischio dei grandi impianti a terra

  • 11 Novembre 2008

L'enorme richiesta di incentivi per i grandi impianti fotovoltaici potrebbe minare la filosofia che sta dietro al conto energia e portare ad una involuzione "spagnola". E' necessario allora monitorare il settore. Un'analisi di Mario Gamberale del Kyoto Club.

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Il mercato fotovoltaico italiano sta registrando una crescita senza precedenti sostenuto da un meccanismo di incentivazione tra i più importanti d’Europa. Il meccanismo secondo i dati dichiarati dal GSE ha portato nei primi 10 mesi del 2008 una potenza installata superiore ai 135 MW potenza quasi doppia rispetto a tutto l’installato 2007. Queste condizioni hanno gettato le basi per l’avvio di investimenti cospicui nel settore, consentendo a diversi imprenditori di avviare numerose iniziative a tutti i livelli della filiera. Interessanti i casi di Silfab ed Estelux nell’ambito della produzione di polysilicon, di X-Group per la produzione di celle e moduli in silicio cristallino e di Arendi del Gruppo Marcegaglia nel settore del tellururo di cadmio (CdTe).

La precondizione per l’avvio di tali iniziative è la creazione di un contesto stabile, un incentivo tra i più elevati al mondo e garanzie di crescita costante. Il decreto del 19 febbraio 2007, infatti, ha introdotto condizioni di assoluto interesse per gli investitori promuovendo un programma di incentivazione che premia i piccoli impianti più dei grandi e l’integrazione degli impianti sull’involucro esterno degli edifici.
I primi 18 mesi del meccanismo sembrano premiare il coraggio degli investitori e rispondere in modo coerente alle previsioni dei ministeri: oltre 220 MW di potenza cumulativa per oltre 18.000 impianti con una potenza media di circa 13 kW: il 73% degli impianti realizzati, infatti, sono impianti fotovoltaici di piccola taglia integrati negli edifici realizzati in tutta l’Italia e un notevole numero è situato in Lombardia.

A fronte di questi segnali di ottimismo l’osservazione del mercato e delle sue pulsioni porta qualche preoccupazione che è opportuno comprendere e gestire per tempo. Preoccupa in particolare l’enorme pressione data dai grandi impianti sul meccanismo di incentivazione: da una semplice analisi delle richieste effettuate a Terna per le connessioni in rete degli impianti in Puglia (Regione che ha semplificato il processo autorizzativo) si parla di una richiesta di connessione di impianti per una potenza di circa 12.000 MW. Se solo il 10% delle domande di connessione si tramutasse in impianti si tratterebbe di circa 1.200 MW di impianti, potenza massima ammissibile prevista dal decreto del febbraio 2007.

Ma la situazione anche nelle altre Regioni non sembra migliore: in Sicilia alcuni operatori stanno proponendo e progettando centrali fotovoltaiche di potenza superiore a 100 MW. Non c’è fondo internazionale, inglese, tedesco, spagnolo e olandese che si occupi del settore energetico che non stia investendo in Italia. Un fenomeno, che se confermerà i segnali attuali, sa tanto di assalto alla diligenza: da un breve sondaggio del Kyoto Club fatto alla fiera internazionale di Valencia nel settembre scorso, emerge come gran parte dei produttori internazionali di moduli fotovoltaici, soprattutto cinesi, stiano spostando i propri uffici commerciali dalla Spagna all’Italia in previsione della riduzione drastica del contributo spagnolo. Se non si interverrà in modo adeguato l’effetto potrebbe comportare una inflazione di moduli fotovoltaici sul mercato italiano con la conseguenza di penalizzare tutto il comparto, a partire dai nuovi soggetti industriali che si affacciano sul mercato nazionale.

Prima che sia troppo tardi è forse utile raccogliere alcune lezioni dal mercato spagnolo: al contrario dei mercati tedesco e giapponese che sono stati gestiti da un incentivo sapiente e progressivo, la Spagna, per un errore di impostazione giuridica (limite dei 300 kW a terra bypassato dai grandi realizzatori di impianti fotovoltaici) e un livello di incentivazione troppo elevato per gli impianti su terreno, ha registrato una incredibile accelerazione delle realizzazioni di impianti per oltre l’80% in potenza caratterizzata da impianti multi-megawatt. La pressione sulle tariffe, enormemente più elevata di quanto previsto (anticipa di alcuni anni l’obiettivo), ha spinto il governo spagnolo a ridurre il valore dell’incentivo del 30% rispetto al contributo 2008 creando un brusco risveglio per tutti gli operatori spagnoli e internazionali.
Le analogie del meccanismo italiano con quello spagnolo sono molto forti: incentivo ancora più elevato, possibilità di realizzare centrali di qualsiasi dimensione a terra, insolazione paragonabile, almeno nel Sud Italia: a peggiorare la situazione le furbizie italiane per cui l’incentivo dei 36 eurocent/kWh si sta trasformando ovunque in 44 €cent/kWh con la complicità di alcuni comuni e alcuni emendamenti del parlamento teleguidati dalle lobby del fotovoltaico (oggi trasversali, dagli operatori del fotovoltaico agli agricoltori, ecc.).

Paradossalmente l’unica salvezza all’emorragia degli impianti a terra sono le lungaggini burocratiche che, come un enorme tappo, stanno contenendo la realizzazione degli impianti. Ma dove l’autorizzazione è stata deregolamentata è arrivato un fiume in piena: è il caso della Puglia dove l’eliminazione dell’autorizzazione unica e della VIA per la realizzazione di impianti a terra di potenza fino ad 1 MW ha ormai reso impossibile l’acquisto di un terreno agricolo; dove le richieste di connessione superano da sole quelle di qualunque impianto energetico sul territorio nazionale; dove stuoli di sviluppatori di impianti fotovoltaici girano sul territorio per accaparrarsi contratti in modo da poter rivendere i terreni al miglior offerente capitalizzando fino a 300.000 euro di commissione per MW autorizzato.

Se questo fiume in piena non verrà rallentato si rischia di togliere completamente lo spazio ai piccoli impianti connessi in rete e integrati negli edifici che nell’ottica dei creatori del meccanismo di incentivazione doveva avere un peso consistente nell’economia generale del programma di incentivazione. Non è inutile ricordare che gli impianti integrati sull’involucro esterno degli edifici di taglia piccola e media (fino al MW) godono di una serie di vantaggi fondamentali rispetto alle grandi centrali a terra:

  1. Generano energia elettrica nel luogo del consumo
  2. Riducono le perdite di distribuzione
  3. Impiegano superfici dell’involucro altrimenti inutilizzate
  4. Favoriscono la creazione di una conoscenza diffusa del fotovoltaico
  5. Sono meno appetibili da parte di speculatori stranieri (viceversa a caccia di investimenti di taglia maggiore)
  6. Promuovono in modo più efficace gli operatori italiani, contribuendo a sviluppare professionalità tra gli installatori e i progettisti nostrani
  7. Essendo più vicini alle utenze promuovono una maggiore consapevolezza negli utenti sull’importanza di ridurre i consumi energetici
  8. Se ben integrati negli edifici possono essere occasione di riqualificazione architettonica in edilizia
  9. Sono decisamente meno soggetti a furti.

Infine, negli impianti di grandi dimensioni il peso percentuale del modulo sul valore complessivo dell’impianto è decisamente più consistente che nei piccoli impianti: in sostanza, sistema di commutazione della potenza e installazione rappresentano un valore percentuale più basso rispetto ai moduli, penalizzando l’indotto italiano e l’industria degli inverter, un altro settore in cui l’Italia ha una presenza di primo piano (Elettronica Santerno, fabbrica italiana di Power One, ecc).

In conclusione, nessuna pregiudiziale ideologica contro i grandi impianti che comunque, nonostante i minori vantaggi, rappresentano un veicolo per promuovere rapidamente la tecnologia: tuttavia è necessario che le istituzioni, Ministero dello Sviluppo Economico e GSE, monitorino costantemente il mercato e vigilino sull’evoluzione del settore. Qualora gli impianti a terra di grande dimensione diventassero predominanti, schiacciando il diritto dei cittadini e delle aziende di realizzare impianti integrati negli edifici è dovere della mano pubblica intervenire per bilanciare il meccanismo.

Mario Gamberale
Coordinatore Gruppo di Lavoro Fonti Rinnovabili del Kyoto Club

11 novembre 2008

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