Le cifre false del Governo italiano

  • 20 Ottobre 2008

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Il Commissario europeo all'ambiente Dimas stigmatizza la presa di posizione dell'Italia e l'accusa di gonfiare le cifre sui costi del pacchetto clima ed energia 2020. Eppure, dice, per l'Italia sarebbe un'occasione di sviluppo e innovazione.

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L’Italia non ha fatto proprio una bella figura sugli obiettivi per clima ed energia. L’Europa si prende un po’ di tempo per le decisioni finali, ma resta il fatto che il nostro paese in questi giorni dopo aver minacciato il veto sul pacchetto 2020, aver spinto gran parte dei paesi dell’UE dell’est a seguirla in questa battaglia di retroguardia ed essere stata, alla fine, in parte sconfessata da Francia e Germania sulla bontà degli obiettivi da raggiungere (sito Kyoto Club), oggi il nostro Governo si prende anche da parte del Commissario europeo all’ambiente Stavros Dimas una dura accusa di “falsificare le cifre“. Dimas si dice “sbalordito di fronte agli argomenti avanzati dall’Italia”, visto che i dati sui presunti costi del pacchetto clima-energia per il paese (cioè l’1,14% del Pil) “non hanno nulla a che vedere con quelli reali”.

Dimas ha anche sottolineato che tale atteggiamento è incomprensibile visto “l’Italia è uno dei Paesi che ne uscirà meglio“, poiché “ha le competenze necessarie per l’innovazione e grandi possibilità in materia di energie rinnovabili”.
Per Dimas il costo supplementare legato al pacchetto non significa perdita netta, perché i soldi resteranno nelle casse dello Stato e i “dati forniti dal Governo – ha detto il commissario – sono completamente al di fuori di ogni proporzione rispetto a quello che chiediamo di fare ai Paesi: non so da dove vengono, ma non sono ciò che noi chiediamo”. Secondo la Ue, infatti, i costi annuali si situerebbero tra i 9,5 e i 12,3 miliardi, mentre in Italia si parla di 18-23 miliardi annui. Sulla linea di Stavros Dimas anche le associazioni ambientaliste italiane che pochi giorni fa hanno elaborato una nota comune (vedi articolo Qualenergia.it, “Obiettivi 2020, il Governo tira la volata alla lobby nucleare?“).

Proprio ieri una nota del Ministero dell’Ambiente, riferendosi ad un documento dell’UE (Model – based Analysis of the 2008 EU Policy Package on Climate Change and Renewables, giugno 2008), parlava di stime dei costi con un impatto dell’1,14% sul Pil al 2020: un costo cumulato nell’intero periodo 2011-2020 pari a 181,5 miliardi di euro, con una media annua di circa 18,2 miliardi di euro. Nei giorni scorsi un istituto di ricerca italiano, preso a riferimento dallo stesso ministero, avrebbe collocato i costi del pacchetto fra i 20 e i 23 miliardi l’anno per il nostro paese.

Il Consiglio Europeo dopo l’incontro del 15 e 16 ottobre di Bruxelles ha dunque confermato nelle conclusioni la propria determinazione a tener fede agli impegni concordati nel marzo 2007 e nel marzo 2008, con l’obiettivo di giungere ad un accordo complessivo entro la fine dell’anno. Il Consiglio Europeo ha chiesto alla Presidenza e alla Commissione Europea di intensificare i lavori nelle prossime settimane per permettere al Consiglio stesso in dicembre di trovare risposte adeguate all’applicazione del pacchetto a tutti i settori dell’economia europea e a tutti gli Stati Membri, tenendo conto rigorosamente dell’aspetto costi-efficacia, e considerando la situazione specifica di ogni Stato Membro.

Nel documento approvato dal Consiglio non si parla però di decisione all’unanimità, peraltro esclusa in tutti i casi di codecisione tra Consiglio e Parlamento. Se non si arriverà ad una soluzione condivisa è probabile, secondo alcuni osservatori, che nel caso in cui l’Italia insistesse nel suo ostruzionismo, l’Europa alla fine andrà avanti senza il nostro paese. Un’occasione persa, se come sembra Germania, Regno Unito, Francia e Spagna, accettando questa sfida nel campo dell’innovazione, sono invece consapevoli che ne potranno ottenere notevoli benefici anche per l’economia.

A tal proposito, secondo le stime del Politecnico di Milano e dell’Anev con interventi decisi nei settori dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili si possono creare in Italia almeno 120.000 nuovi posti di lavoro. Ma, come accusa Greenpeace Italia, il nostro Governo resta orientato ancora su carbone e nucleare. E queste non sembrano opzioni energetiche a basso a costo per il sistema paese sia per quanto riguarda gli investimenti che per gli effetti sull’ambiente. La crisi economica-finanziaria, presa a prestesto dal Governo per alleggerire il pacchetto 2020, non vale per le centrali a carbone e per qulle nucleari?

LB

17 ottobre 2008

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