Biocarburanti tra fame e ambiente

L'alto costo economico, sociale e ambientale dei biocarburanti dovrebbe portare a rivedere le politiche che li incentivano. Il nuovo rapporto FAO pesa le opportunità (poche) e i rischi (molti) dei biofuels.

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“Le politiche e i sussidi in materia di biocarburanti devono essere urgentemente rivisti per preservare la sicurezza alimentare, proteggere i contadini poveri, promuovere lo sviluppo rurale e la sostenibilità ambientale”. Inizia così la presentazione dell’ultimo rapporto della FAO, The State of Food and Agricolture 2008 (vedi in allegato). Un documento che, come spiegato nell’introduzione, dovrebbe “pesare opportunità e rischi dei biocarburanti” e dal quale però emerge che il piatto dei rischi è molto più carico di quello delle opportunità.

Se infatti, a patto di combattere sussidi e politiche protezionistiche che favoriscono i paesi ricchi, i biofuels potrebbero contribuire allo sviluppo rurale di alcune zone povere del pianeta, spiega il rapporto, è però chiaro che l’uso della terra per produrre biocarburanti mette a rischio la sicurezza alimentare spingendo in alto i prezzi di alcuni generi di prima necessità.

Anche per quanto riguarda la riduzione dei gas serra i biocarburanti, spiega il rapporto, potrebbero rivelarsi un’arma a doppio taglio: se alcuni riducono effettivamente le emissioni in maniera significativa questo non è vero per altri. Le conseguenze delle pratiche agricole per produrli, specie la deforestazione, li rendono spesso ecologicamente insostenibili. Senza che questo si traduca in una misura che discrimini i paesi in via di sviluppo, sottolinea la Fao, è necessario stabilire degli standard di sostenibilità, cosa su cui per altro si sta già lavorando.

I biofuels di seconda generazione, quelli ricavati da alghe, celluosa e in genere prodotti no-food, presenterebbero molte meno controindicazioni, ma, fa notare il rapporto, non sono ancora disponibili su scala commerciale. Nel frattempo l’uso dei biocarburanti continua a crescere: dal 2000 al 2007 l’uso è triplicato, anche se l’apporto al mix energetico mondiale resta molto basso: 2% dei carburanti da trasporto. Una crescita stimolata da politiche incentivanti, come quella che impone che a gasolio e benzina siano aggiunte percentuali di biofuel, scelte che, scrive la FAO “hanno un alto costo economico, sociale e ambientale e dovrebbero essere riviste.”

Dal rapporto FAO arriva l’ennesima conferma che i biocarburanti presentano non poche controindicazioni. Che i biofuels siano una soluzione sostenibile per ridurre le emissioni d’altra parte è una cosa di cui sono convinti ormai solo i produttori e i paesi che li rappresentano; diversa atteggiamento hanno invece le grandi istituzioni che nell’ultimo anno si sono pronunciate in maniera critica nei confronti di questa fonte energetica. Un anno fa all’Onu i biofuels erano stati definiti addirittura “un crimine contro l’umanità”, alcuni mesi fa un rapporto della banca mondiale aveva provato la pesante influenza degli agro-carburanti sui prezzi del cibo, mentre nell’Unioen Europea diversi Stati membri avevano contestato la quota obbligatoria da miscelare alla benzina, sostenuti in questo anche dalla European Environment Agency.
 

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