Futuro teleriscaldato

  • 14 Maggio 2008

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L'Italia è ancora fanalino di coda europeo per il teleriscaldamento, ma le potenzialità sono molte. E se in Europa si raddoppiassero questi impianti si ridurrebbero le emissioni di CO2 di quasi il 10%. Se n'è parlato ieri al Forum Pa di Roma

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Il teleriscaldamento ha potenzialità enormi che in Italia sono poco sfruttate rispetto al resto dell’Europa. È quanto è emerso ieri a Roma dal convegno “La gestione integrata e intelligente delle reti energetiche e ambientali locali”, organizzato dal gruppo ItaliaEnergia nell’ambito del Forum Pa, che parlava di pratiche per la pubblica amministrazione.

Solo 50 dei 5mila impianti di teleriscaldamento europei sono nel nostro paese, spiega Fausto Ferraresi, vicepresidente dell’Associazione italiana riscaldamento urbano (Airu) e direttore Divisione Teleriscaldamento del Gruppo HERA. In Europa ci sono 5mila sistemi per 150.000 chilometri di rete che erogano 555 TeraWattora termici: il 10% del calore utilizzato a livello europeo. Il 78% di questo calore proviene da fonti rinnovabili o da recupero del calore – caratteristico del teleriscaldamento – con evidenti vantaggi ambientali. Inoltre, a questi si aggiungono almeno 100 sistemi di ‘teleraffrescamento’ che vanno ad alleggerire (di 1.390 GWh) i consumi dei condizionatori d’aria nei mesi estivi.

In Italia, invece, gli impianti – secondo il presidente di Airu – sono 50, distribuiti soprattutto al nord: in testa la Lombardia, seguono Piemonte, Emilia Romagna e Veneto. Poco ancora (anche se, bisogna precisare, i dati di Ferrarese tengono in considerazione solo le realtà più grandi: il rapporto “Comuni Rinnovabili 2008” di Legambiente parla invece di 267 impianti di teleriscaldamento in Italia di cui 216 da rinnovabili): nel nostro paese, secondo l’Airu, è potenzialmente conseguibile un risparmio pari a quasi il 25% della domanda complessiva di energia per riscaldamento.

Secondo i dati di uno studio citato durante il convegno (The ECOHEATCOOL Project “January 2005-December 2006” by Euro Heat & Power), in Europa, raddoppiando il teleriscaldamento si avrebbe il 2,6% di risparmio di energia primaria grazie all’efficienza, pari a 580 TWh, cioè il consumo di energia primaria della Svezia. Grazie alla diversificazione delle fonti, si avrebbe un ulteriore risparmio del 5,6% di energia primaria, che si traduce in 1.250 TWh annui, il consumo di energia primaria della Polonia. E infine, con il raddoppio del teleriscaldamento in Europa si eviterebbe il 9,3% delle emissioni di CO2, pari a 400 milioni di tonnellate annue, quanto emette la Francia.

Lo sviluppo del teleriscaldamento in Europa, a guardare dalla presentazione fatta al convegno, pare promettere bene: la Germania, che con 100mila GWh è già il paese che più usa il teleriscaldamento, secondo le previsioni quasi triplicherà la potenza installata entro il 2020 e così faranno pure altri paesi come la Francia e anche l’Italia che al momento è il fanalino di coda europeo in materia di teleriscaldamento.

Un sistema dunque che spreca meno e che riduce di conseguenza le emissioni di CO2 e altre sostanze e comunque le sposta dai centri urbani contribuendo al miglioramento della qualità dell’aria nelle città. Per massimizzare i vantaggi del teleriscaldamento, spiega Ferrarese, le direzioni in cui muoversi sono diversificare le fonti di approvvigionamento aumentando quelle rinnovabili, favorire il recupero energetico in ambito urbano e realizzare dei sistemi di gestione integrata delle fonti nell’ambito dei “distretti energetici”. Oltre alle ricadute positive sull’ambiente, il teleriscaldamento ne porta poi anche per l’utente: un risparmio in bolletta secondo il gruppo Hera del 5-10% (anche se non si specifica rispetto a quale altro sistema), a cui si aggiunge una maggiore sicurezza rispetto alle caldaie tradizionali e il fatto che la manutenzione è a carico del gestore.

GM

14 maggio 2008
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