Colloqui su architettura ed energia (1)

  • 10 Aprile 2008

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Qualenergia.it ha incontrato il Thomas Herzog, uno dei massimi esponenti dell'architettura bioclimatica e dell'edilizia ecosostenibile. Insieme a Federico Butera e a Gianni Silvestrini ne è nato un colloquio sul futuro dell'edilizia anche in chiave energetica. Qui la prima parte.

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Qualenergia.it ha incontrato il Prof. Thomas Herzog, tedesco, uno dei massimi esponenti dell’architettura bioclimatica e Thomas Herzogdell’edilizia ecosostenibile. Una continua ricerca dell’innovazione e uno stretto rapporto con il mondo industriale ha portato Herzog a sviluppare un’ampia conoscenza tecnica e scientifica dei processi costruttivi. Dal 1974 la sua produzione progettuale fa ampio uso delle energie rinnovabili (per conoscere le opere e le idee di Thomas Herzog segnaliamo due siti: una Lectio Magistralis alla facoltà di architettura dell’Università di Ferrara e il sito dello suo gruppo Herzog & Partner per conoscere la sua attività)

Federico ButeraInsieme a lui in questo incontro il Prof. Federico Butera, professore ordinario di Fisica Tecnica Ambientale presso il Politecnico di Milano, e da oltre 30 anni impegnato in attività di ricerca, di divulgazione scientifica e di progettazione nel settore dell’uso razionale dell’energia e delle fonti rinnovabili a scala edilizia e urbana.

Da questo incontro ne è nato un colloquio a tutto campo sul futuro della progettazione edilizia, sull’innovazione, sulle difficoltà e le opportunità di trovare nuove soluzioni per un modello energetico a basso impatto energetico che veda al centro proprio l’edificio.
In questo post la prima parte dell’incontro. L’altra la pubblicheremo domani.

Gianni Silvestrini (Qualenergia)
Oggi c’è una maggiore attenzione agli aspetti energetici dal punto di vista del progettista e da parte della stessa committenza? Cosa sta succedendo in quest’ottica anche a livello normativo e legislativo?

Thomas Herzog
Personalmente non conosco le leggi degli altri paesi. Sappiamo però che per noi architetti ci sono notevoli difficoltà nella progettazione. Per gli architetti è difficile spiegare a un rappresentante di altre disciplina quali sono i nostri problemi concreti.
Il problema alla fine è nell’accumulo di domande e di necessità che ci si richiedono e che dobbiamo affrontare. Richieste che spesso non ci danno la libertà di trovare le soluzioni più adeguate.

Silvestrini
Quali sono queste difficoltà? Per esempio vi si chiedono prestazioni energetiche molto spinte?

Herzog
Tutti i contributi in questa direzione, sia parte dello Stato come da parte di un Comune, hanno una motivazione del perché si richieda una certa norma o un determinato standard. Può essere tutto logico, ma sappiamo che non è possibile sempre soddisfare tutte le richieste se vogliamo veramente realizzare una struttura architettonica chiara, forte e con una lunga durata di vita.
Un fenomeno della sostenibilità architettonica è quella che io chiamo la “neutralità”, cioè gli edifici devono essere in grado di adattarsi al cambio di destinazione senza intervenire in modo distruttivo su di loro. In una città come Roma o in una tedesca, se parliamo di strutture esistenti, un buon esempio di quelle che hanno queste caratteristiche, di edifici che hanno un buon funzionamento, sono quelli costruiti non completamente per un certo tipo di uso. Sappiamo che nel tempo l’uso di quell’edificio potrà cambiare. Sarebbe ideale pensare ad un edificio che sia capace al suo interno di ospitare una scuola, e in seguito vi si possa vivere, produrre, fare artigianato o fare arte.

Silvestrini
La flessibilità di un edificio di adattarsi a diverse funzioni nel tempo, come tu dici, è un fattore di altissimo valore. Dal punto di vista energetico come inquadreresti questo aspetto?

Herzog
Dal punto di vista energetico è sempre importante discutere e affrontare criticamente questo aspetto, dalla fase di costruzione, a partire dai materiali utilizzati (da dove vengono, come sono trasportati, come viene fatto l’assemblaggio) fino a considerare la durata di vita e i costi energetici della gestione della struttura.
La quantità enorme di energia primaria necessaria per la costruzione di una struttura evoca l’idea che non conviene distruggere l’edificio, ad esempio nel caso di un suo cambio di uso. Se parlo di uffici faccio spesso l’esempio di una costruzione recente realizzata dal nostro studio. Si tratta di un edificio di quasi 70 mila m2, con uffici per gran parte dati in affitto. Abbiamo riscontrato che dentro queste strutture di quattro volumi, ogni settimana cambia qualcosa, perché all’interno di questa impresa ci sono sempre nuove necessità. Abbiamo progettato tale struttura pensando che questo cambio sia necessario e possibile senza distruggere nulla, senza conflitto con i cavi, gli interruttori, le prese, le strutture portanti. Ciò è stato parte del nostro concetto.

Silvestrini
Questa flessibilità di progettazione e costruzione che tu teorizzi richiede grandissima professionalità, perché altamente complessa.

Federico Butera
Ma la flessibilità può essere in contrasto con l’uso razionale dell’energia e con la minimizzazione dei consumi. Dal momento che decidi di essere flessibile nel costruire devi essere anche ridondante e questo fattore si paga, anche dal punto di vista energetico. Prima l’aspetto della flessibilità veniva considerato solo da un punto di vista architettonico. Ora va visto anche nell’ottica dei consumi energetici.

Herzog
E’ vero. Non esiste una flessibilità al 100%, ma c’è una possibilità maggiore di quanto non venga fatto di regola. Sono convinto che il ponte fra risorse e consumi energetici, da un parte, e la funzionalità di una costruzione, dall’altra, è la cosiddetta neutralità, che è un po’ la chiave di tutto, il compromesso che ottimizza la progettazione. Non trovo un’altra parola per definirla. Se entro un certo limite il cambio è possibile senza distruggere l’esistente, quando si progetta con questo criterio, allora avremo anche un contributo positivo in termini energetici.

(fine prima parte)

Vai alla seconda parte

La redazione dell’incontro è stata curata da Leonardo Berlen

8 aprile 2008

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