A livello mondiale la quantità di energia usata per unità di prodotto interno lordo è diminuita in media dell’1,6% per anno tra il 1990 e il 2006.
Quasi due terzi dei paesi hanno diminuito la loro intensità energetica nel corso del periodo di oltre l’1%. Anche la Cina ha migliorato di molto la sua produttività energetica: 7,5% all’anno dal 1990 al 2000. I fattori che lo evidenziano sono diversi, come l’uso più efficiente del carbone, lo spostamento della produzione energetica dal carbone al petrolio, la ristrutturazione dell’industria e un più alto livello dei prezzi energetici. Dopo il 2000 in Cina questo trend è rallentato fino ad arrivare a poco meno dell’1% annuale.
Il dato che riporta il documento WEC (vedi allegati: sintesi e integrale di 122 pp.) è così sintetizzato: se le strutture tecnologiche ed economiche nelle principali regioni del mondo fossero rimaste ai livelli del 1990, nel 2006 il mondo avrebbe consumato 4,4 Gtep in più. In termini di emissioni evitate il risultato sarebbe di 10 Gt di CO2.
L’ipotesi del lavoro ha ovviamente ha un senso in un’ottica di miglioramento e avanzamento delle tecnologie, ma l’impressionante incremento dei consumi energetici in valori assoluti dell’ultimo decennio, se da una parte è sintomo di sviluppo e crescita in molte aree un tempo povere, è anche portatore di rischi ambientali e sulla sicurezza degli approvvigionamenti.
L’efficienza energetica senza un radicale cambiamento dei modelli di consumo non porterà mai a benefici in termini di lotta ai cambiamenti climatici. E’ piuttosto ovvio dire che migliorare il rendimento energetico di un’automobile del 20 o 30% è essenziale, ma ogni due anni o tre anni ne circalano il doppio è come fare una “fatica di sisifo”.
Il rapporto del WEC fornisce raccomandazioni strategiche emerse dall’analisi delle iniziative di promozione dell’efficienza energetica.
LB
8 febbraio 2008