L’energia futura nella ricerca. Forse

  • 9 Gennaio 2008

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Sebbene le questioni dell'energia abbiano una rilevanza fondamentale per il nostro futuro, gli investimenti di questo comparto in ricerca e sviluppo sono superati da altri settori. Un articolo di Sergio Ferraris.

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Mai come oggi il mondo dell’energia è chiamato a guardare al futuro. Cambianti climatici, sicurezza negli approvvigionamenti, tecnologie emergenti e fonti rinnovabili sono tutte tematiche cruciali per il settore energetico, sulle quali le previsioni – sia sul medio sia sul lungo periodo – si sprecano.
In questo quadro è interessante notare che spesso si trova all’interno dei documenti di analisi energetica il connubio, sempre più stretto, tra previsioni future, anche di mercato, e ricerca scientifica applicata, anche se il settore dell’energia non è in pole position per quanto riguarda quest’aspetto.

I segmenti leader a livello mondiale sono, infatti, quello dell’auto, quello dell’informatica e quello delle biotecnologie e farmaceutica, mentre telecomunicazioni ed energia fossile sembrano rimanere al palo quando parliamo di intensità di R&S. Recentemente l’Unione Europea ha diffuso un rapporto sulla ricerca applicata delle industrie in Europa che, sotto a questo profilo, è significativo poiché stila una classifica delle prime mille aziende ordinate per importanza d’investimento in R&S aggiornata al 2005. A fare la parte del leone ci sono il comparto automobilistico, DaimlerChrysler in prima posizione con 5,6 miliardi di €, quello elettronico, Siemens con 5,1 miliardi di €, quello farmaceutico, GlaxoSmithKline con 4,5 miliardi di euro e le telecomunicazioni, Nokia con 3,9 miliardi di €.

La prima compagnia energetica la troviamo al 34° posto, Total, con 676 milioni di €, seguita da Shell al 44°, con 489 milioni di €. Bp, Areva e Edf seguono a ruota rispettivamente con 425, 408 e 402 milioni di €.
Bisogna arrivare all’ 82° per incontrare la prima, si fa per dire, compagnia energetica italiana: Eni con 202 milioni di € che registra però una diminuzione del 21,4% degli investimenti rispetto all’anno precedente.

Scorrendo l’elenco ci sia accorge che l’eolico danese, con Vestas, 86,3 milioni di €, batte il nucleare britannico con British Nuclear Fuels, 80 milioni di €, mentre la spagnola Gamesa segue a una certa distanza con 35,7 milioni di €.
La vera sorpresa però arriva alla 390esima posizione dove troviamo Enel, con solo 20 milioni di €. «Nessuna sorpresa – dicono in Enel – semplicemente i criteri con i quali ogni azienda attribuisce alla voce ricerca i propri investimenti non sono omogenei. Enel per esempio classifica buona parte dei suoi investimenti, 800 milioni di euro dal 2007 al 2011, 160 milioni l’anno, una cifra rilevante anche rispetto a giganti del settore come Edf, non come ricerca pura ma come immobilizzazioni in quanto destinati alla realizzazione di impianti pilota in settori avanzati come la cattura e sequestro della CO2, la filiera dell’idrogeno, l’eolico off-shore, il solare termodinamico e fotovoltaico ad alta efficienza».

Peraltro anche il dato di Eni non deve meravigliare più di tanto. Se guardiamo al di là dei confini europei, infatti, nella fascia tra 267 e 193 milioni di € troviamo nell’ordine Chevron, Halliburton e Gazprom.

Queste le cifre. C’è da chiedersi, dopo averle scorse, se il futuro della R&S nel settore energetico risiederà nel settore privato, oppure se si dovranno fare i conti con nuovi soggetti, oggi magari poco significativi come è successo in Internet con Google che tra parentesi investe in R&S 511 milioni di €, con un aumento del 51,7% in un anno.

Sergio Ferraris

9 gennaio 2008

articolo pubblicato nella rubrica “Energ/Etica” della rivista QualEnergia (n.5/2007)

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