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Alla conferenza sul clima la strategia negoziale dell'Europa ha messo nell'angolo gli Usa. L'umanità ha forse imboccato in extremis il percorso di uscita dal collasso climatico? Un editoriale di Gianni Silvestrini.

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L’Europa torna sulla scena mondiale. E’ stata la sua lucidità negoziale nel presentarsi al tavolo delle trattative con un proprio obbiettivo di riduzione deciso unilateralmente e la sua intransigenza nel minacciare il boicottaggio della conferenza organizzata a gennaio da Bush alle Hawaii a mettere nell’angolo gli Usa di fronte a tutti i paesi del mondo.
Il repentino dietrofront americano dell’ultimo minuto si spiega con la consapevolezza della impossibilità di reggere il ruolo del cattivo in un anno elettorale, con i democratici decisi ad attaccare a fondo sul fronte del clima.
Certo, nella mozione finale non si menziona l’obbiettivo del 25-40% di riduzione proposto inizialmente dagli europei, ma si trattava chiaramente di uno strumento negoziale per giungere poi ad un compromesso. I veri tagli verranno decisi nei prossimi due anni e non sarà affatto un compito semplice. Occorrerà definire cosa si intende per “responsabilità differenziate” e come suddividere gli impegni.

Prendiamo la Cina, il paese con maggiori emissioni di CO2 del pianeta. Nel 2005 un quarto dell’anidride carbonica prodotta era legata all’interscambio netto degli scambi commerciali con gli altri paesi ed è possibile che questa percentuale passi al 30-40% nei prossimi anni. La fabbrica del mondo emette cioè anche per noi. Come tener conto in modo equo di tutto ciò? Andrà messo in piedi un sistema di attribuzione del contenuto di carbonio a tutte le merci in modo da definire in maniera chiara le responsabilità?
Più in generale, è probabile che i meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto che premiano il trasferimento di tecnologie ai paesi in via di sviluppo vedranno una forte crescita. Magari con una differenziazione dei riconoscimenti economici per le riduzioni di gas climalteranti ottenute in relazione agli impegni di contenimento della crescita delle emissioni di questi paesi. Chi accetta obbiettivi deve cioè essere avvantaggiato.

Una cosa è certa. La silenziosa rivoluzione energetica partita nei paesi che in maniera più lungimirante hanno intuito e anticipato i cambiamenti necessari, si estenderà in maniera tumultuosa. Efficienza energetica e fonti rinnovabili saranno i sicuri vincitori di questo nuovo scenario. Il nucleare e il sequestro dell’anidride carbonica cercheranno di trovare un loro spazio. Tenendo comunque conto che gli interessi in gioco sono colossali e che le resistenze al cambiamento sono altrettanto forti. Ma forse l’umanità ha imboccato, all’ultimo momento utile, il percorso di uscita dal collasso climatico.
 

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