Il petrolio resta in casa

  • 17 Dicembre 2007

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Finora è stata sottovalutato il trend di crescita dei consumi interni di petrolio dei paesi produttori che potrebbe decisamente influenzare l'importazione dei paesi consumatori. Un articolo di GB Zorzoli.

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Anche se la produzione di petrolio non raggiungerà il suo picco nei prossimi anni, è possibile che presto ai grandi paesi consumatori il greggio cominci a difettare. E non solo per la crescita della domanda di paesi come la Cina e l’India.
Finora sottovalutata, nei prossimi anni potrebbe pesare non poco sui rifornimenti di greggio la diminuzione delle esportazioni da parte di importanti paesi produttori a causa del considerevole aumento della domanda interna, a sua volta provocata da due fenomeni concomitanti: da un lato la crescita demografica, dall’altra l’incremento delle produzioni, ma ancor più dei consumi interni di beni e servizi, grazie all’eccezionale crescita della ricchezza nazionale indotta dall’impennata dei prezzi del petrolio.

Secondo uno studio della Banca Mondiale il tasso di sviluppo economico nel Medio Oriente e nei paesi dell’Africa settentrionale è raddoppiato rispetto ai primi anni ’90 e in Russia l’incremento è ancora maggiore. Alcuni paesi produttori (Bahrain, Kuwait, Qatar ed Emirati Arabi Uniti) hanno addirittura superato il consumo pro capite di petrolio degli Stati Uniti.
Le conseguenze si fanno già sentire oggi, ma ancora di più saranno evidenti in un futuro non molto lontano.

L’Indonesia non è già più un paese esportatore netto di petrolio, la stessa situazione si potrebbe creare per il Messico (secondo esportatore verso gli USA) entro cinque anni e subito dopo per l’Iran (oggi quarto esportatore mondiale). La crescita della domanda interna sembra destinata ad assorbire niente meno che il 40% dell’aumento della produzione dell’Arabia Saudita fra oggi e il 2010. La crescita complessiva della domanda interna di petrolio nei paesi membri dell’OPEC, nella Russia e nel Messico secondo stime attendibili dovrebbe ridurre le loro esportazioni di greggio di almeno 2,5 milioni di barili al giorno entro il 2010. Può sembrare una quantità modesta, se raffrontata con l’attuale domanda mondiale intorno agli 85 mb/g, ma quando nel 2002 uno sciopero dei lavoratori venezuelani del settore ridusse del 3% l’offerta globale di petrolio, in poche settimane il suo prezzo salì del 26%.

Se allunghiamo la vista alla prossima decade, quasi certamente molti paesi produttori di petrolio, fra cui Arabia Saudita, Kuwait e Libia, raddoppieranno la domanda interna di greggio entro il 2017.
I soliti ottimisti affermano che comunque si riuscirà ad aumentare la produzione in modo da compensare la crescita della domanda interna nei paesi produttori. Ma a quale prezzo economico e ambientale? In proposito il caso delle sabbie bituminose in Canada è già lì ad ammonirci.

G.B. Zorzoli

18 dicembre 2007

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