A Bali vince la linea europea

  • 17 Dicembre 2007

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Intesa per una road-map di negoziati che dovranno concludersi entro il 2009 con la Conferenza di Copenaghen. Gli Stati Uniti, all'ultimo minuto, firmano il documento che però non contiene limiti quantitativi di emissioni per il post-Kyoto.

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All’ultimo momento a Bali è arrivato l’accordo. Nessuna definizione quantitiva di riduzione, ma l’intesa di progettare un percorso per un nuovo protocollo post-2012 sulle emissioni di gas serra vincolante per tutti i paesi, Usa e Paesi in via sviluppo inclusi.
Alla 13a Conferenza Onu sui cambiamenti climatici il documento finale fissa una road-map per avviare due anni di negoziati mondiali che dovranno iniziare entro aprile 2008 e concludersi entro il 2009 con la Conferenza di Copenaghen.

Su questo punto gli Stati Uniti hanno dovuto cedere alle pressioni dei paesi in via di sviluppo e alla intransigente posizione dell’Unione Europea, che in questi giorni di conferenza aveva tracciato la strada con la proposta iniziale di riduzioni delle emissioni del 25-40% entro il 2020 per tutti i paesi industrializzati. L’UE aveva anche minacciato di boicottare il prossimo meeting proposto da Bush tra le grandi economie del mondo, previsto per gennaio, nel caso in cui la conferenza sul clima avesse segnato il passo per colpa degli USA. Un danno inaccettabile per l’immagine del presidente americano e della compagine repubblicana a meno di un anno dalle prossime elezioni presidenziali.

Nelle ultime ore della Conferenza, protrattasi fino a sabato 15 dicembre, una pioggia di interventi e pressioni sulla delegazione americana. Due interventi durissimi dei delegati del Sudafrica e di Papua Nuova Guinea invitano gli americani a farsi da parte se non possono aderire all’accordo. Applausi interminabili dei presenti. Poi l’appello accorato del Segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che ha sollecitato il senso di responsabilità di tutti i Paesi.

Gli Stati Uniti, ormai completamente isolati, e con un’opposizione sempre più diffusa nel proprio paese (Stati, città, aziende e cittadini sono contrari alla politica sul clima dell’amministrazione Bush) portano alla fine al ripensamento americano: Paula Dobriansky, la delegata Usa riprende la parola per dire che “gli Stati Uniti danno il consenso al documento finale”. Applausi liberatori. Un primo, piccolo ma significativo, passo verso il post Kyoto che partirà dal gennaio 2013. La strada è però ancora lunga e tortuosa.

Va sottolineato che nell’accordo è importante l’inserimento di misure di sostegno a favore dei paesi più poveri per aiutarli in uno sviluppo basato sulle energie rinnovabili e per le conseguenze che già soffrono a causa dei mutamenti climatici.

“L’ipotizzabile cambio dell’amministrazione degli Stati Uniti sarà un ulteriore passo per rendere credibili impegni ancora evanescenti”, così Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera commenta l’accordo raggiunto nella nottata alla Conferenza di Bali. “Decisivo – prosegue Realacci – sarà il ruolo dell’Unione Europea che sul terreno della tecnologia, della politica e dell’economia dovrà guidare questa sfida centrale per il futuro dell’umanità. L’Italia – aggiunge – deve essere in prima fila in questo processo e il Governo e l’intero sistema paese devono farsene pienamente carico. Serve passare dalle parole ai fatti e un’assunzione di responsabilità che oggi non è ancora pienamente compiuta”.

Per capire come stiamo messi su questo terreno e quanto lavoro c’è da fare per il nostro paese basterebbe leggersi il documento “2008 Climate Change Performance Index” presentato a Bali nei giorni scorsi: nella lotta contro i cambiamenti climatici all’Italia e alla sua politica viene assegnato solo al 41° posto su un totale di 56 paesi (vedi articolo “Clima: Italia fanalino di coda“).

LB
 
Nota Informativa – UNFCCC COP13, CMP3 e AWG4
Conclusioni della Conferenza della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici
Bali, 3-15 Dicembre 2007

15 dicembre 2007

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