Sceicchi d’Italia

  • 5 Luglio 2007

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Secondo Scaroni, amministratore delegato di ENI, l'Italia è il paese del petrolio e del gas. Investimenti per 30 miliardi di euro per l'esplorazione e la produzione, ma per produrre riserve accertate molto scarse

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“L’Italia è il paese del petrolio e del gas”. Questa bella e intrigante novità, che ignoravamo, l’ha comunicata oggi l’amministratore delegato dell’ENI, Paolo Scaroni ai margini del convegno di Assomineraria svoltosi oggi a Roma.
In sintesi, per Scaroni l’Italia è un paese ricco di idrocarburi e, quindi, bisognerà investire in esplorazione e produzione di idrocarburi. E l’ENI lo intende fare.

Scaroni ha dichiarato anche però la cosa non è così semplice. “L’Italia è il paese del petrolio e del gas, ci sono molti milioni di barili e miliardi di metri cubi di gas che non riusciamo a utilizzare per i problemi di Nimby (la sindrome “Not In My BackYard”, ndr) e i problemi legati alla negoziazione con gli enti locali per ottenere i permessi” esplorativi e di sfruttamento”.
Quindi, sembra concludere Scaroni, “è più facile operare in Alaska, Angola o nel Golfo del Messico, piuttosto che nell’Adriatico, in Basilicata o in Sicilia”.

Ma quante sarebbero queste ricche riserve “accertate” di idrocarburi presenti sul territorio italiano?
Ce lo dice lo stesso Scaroni.
“Le riserve accertate di idrocarburi nel nostro paese indicano 160 miliardi di metri cubi di gas e 733 milioni di barili di olio ancora da produrre e abbiamo un potenziale addizionale altrettanto significativo: fino a 200 miliardi di metri cubi per il gas e un miliardo di barili”.

Se ci riferiamo alle riserve accertate (dati che non possiamo confermare, ma ipotizziamo che sia veri) significa che:

  • Una produzione di 160 miliardi di metri cubi di gas equivale ad consumo dell’UE25 di circa 4 mesi (consumi 2005: 509,75 miliardi di m3) e ad un consumo nazionale di poco inferiore ai 2 anni (consumi 2006: 82,53 miliardi di m3). La fonte è ENI (World Oil & Gas Review 2007).
  • Per quanto riguarda il petrolio nostrano, i 733 milioni di barili di petrolio equivarrebbero ad un consumo mondiale di 8 giorni (consumi 2006: 83 milioni di barili/giorno), ad consumo dell’UE25 di circa 50 giorni (14,5 milioni di barile/giorno) e ad un consumo in Italia di 431 giorni (1,7 milioni di barili/giorno).

Non siamo proprio davanti ai pozzi dell’Arabia Saudita. Investimenti rivolti a questi obiettivi quali vantaggi darebbero al nostro paese in termini di sicurezza energetica, senza contare i costi ambientali che dovrebbe poi essere sostenuti?

Comunque Scaroni una soluzione sul da farsi la fornisce. “L’accesso alle riserve è la nuova sfida che tutti noi dobbiamo affrontare. Per questo, Eni nel piano di investimenti 2007-2010 ha stanziato per il settore e&p circa 30 miliardi di euro”. Ha proseguito evidenziando che “Eni finora è andata lontano per cercare queste riserve. Il che può sembrare paradossale se si considera che l’Italia è un Paese petrolifero”.

Premesso che questa affermazione potrebbe essere anche una battuta scherzosa per i giornalisti presenti, ci viene in mente una domanda da porre all’ENI: alla luce della prossima fine del petrolio a basso costo, non sarebbe più conveniente tenere nel sottosuolo  quella che sarà una risorsa rara e costosa?

LB

4 luglio 2007

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