Poco clima al G8

  • 7 Giugno 2007

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Segnali insufficienti vengono dal G8. Tiepidi gli USA, poco arriva anche dalle posizioni di Cina e India. Minacce dell'Opec ai paesi occidentali per i biocarburanti

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Gli ultimi giorni hanno messo in evidenza che non c’è effetto serra o picco del petrolio che tenga di fronte al timore di perdere nel breve periodo qualche punto di crescita del Pil.
Segnali sconfortanti vengono dal G8, e qui nessun accarezzava illusioni di accordi epocali, ma nulla di positivo arriva anche dalle dichiarazioni di Cina e India contrari ad un impegno formale per ridurre le emissioni di CO2 e dalla sfida dell’Opec ai paesi occidentali originata dal sempre più massiccio ricorso ai biocarburanti.

Il titolo di apertura del Financial Times di ieri è proprio sull’Opec che minaccia forti rialzi del prezzo del petrolio se le nazioni industrializzate continueranno ad incrementare la diffusione dei biocarburanti nei propri paesi.
Il segretario generale dell’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (40% della produzione petrolifera mondiale), Abdalla El-Badri, ha fatto sapere che i paesi legati al cartello stanno valutando l’ipotesi, nel caso queste politiche si spingessero più avanti, di tagliare gli investimenti in nuove produzioni di greggio.

Se l’Opec arriva a fare queste dichiarazioni probabilmente sente che la domanda mondiale di petrolio non è più garantita negli anni a venire. Ma a parte il fatto che ricorrere su grande scala ai biocombustibili sia una scelta del tutto discutibile per motivi ambientali, energetici e alimentari, e lo stesso segretario Opec lo mette in parte in luce, ci chiediamo però quale dovrebbe essere, secondo i paesi produttori di petrolio, il lasso di tempo accettabile per considerare una domanda stabile: 20, 40, 60 anni? Veramente credono che non verranno cercate altre soluzioni ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti petroliferi? Se, ad esempio, l’Europa decidesse di investire nel trasporto privato elettrico, cosa auspicabile, chiuderebbero gran parte dei loro pozzi e farebbero immediatamente salire il prezzo del barile alle stelle? L’Opec parla di investimenti di lungo periodo che verrebbero tagliati. Ma quanto petrolio a basso prezzo c’è ancora da produrre? Non sarà più probabile che il prezzo salirà “naturalmente” come effetto della scarsità dell’offerta?

La tutela degli interessi nazionali è ben evidente anche dai resoconti del G8 di Heiligendamm. Alle prevedibili posizioni americane contrarie ad ogni accordo, segnali poco incoraggianti vengono anche da Giappone e Canada. Per quanto riguarda George W. Bush, in pochi credevano alla sua svolta ambientalista  (vedi articolo Qualenergia.it) e, infatti, per bocca del suo consigliere per il clima, John Connaughton, già prima dell’apertura del summit, ha dichiarato che il testo finale dell’accordo del G8 sul clima non avrebbe contenuto nessun limite sull’aumento di temperatura e riduzioni sulle emissioni di gas inquinanti come alcuni speravano dopo le esternazioni dei giorni scorsi del presidente americano e, in particolare, il cancelliere tedesco Angela Merkel che spinge per una taglio delle emissioni del 50% al 2050. Continua quindi il boicotaggio di Kyoto da parte dell’amministrazione Bush che si dimostra ancora una volta un interlocutore inaffidabile su queste tematiche. L’Europa dovrà andare avanti con decisione sulla sua linea e sperare nel nuovo presidente degli Stati Uniti.

LB

7 giugno 2007

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