Nuove emissioni

  • 16 Maggio 2007

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Le dichiarazione di politici e associazioni ambientaliste nel dopo "comunicazione di Bruxelles" sui nuovi limiti delle emissioni di CO2 che dovrà prevedere il nuovo PNA italiano.

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Con l’arrivo della comunicazione da Bruxelles che indica i nuovi limiti delle emissioni di CO2 che dovrà prevedere il nuovo PNA italiano si sono accavallate molte dichiarazioni di politici coinvolti nelle tematiche ambientali, oltre che delle associazioni ambientaliste.
Qualche voce dissonante, ma la quasi totalità degli interventi è a favore di un rinnovato impegno del nostro paese verso una politica energetica e industriale a basso impatto climatico. Ancora non pervenute le dichiarazioni dell’opposizione, ma avremo cura di segnalarle.

Alfonso Pecoraro Scanio, ministro dell’Ambiente
“Non è che io sono un veggente, sono semplicemente previdente. Adesso è necessario ridurre il piano e lavorare perché anche gli altri settori come trasporti e edilizia contribuiscano. Ma è evidente che l’unico settore su cui si può intervenire è quello della produzione di energia e, in quest’ambito, chi guadagna di più perché ha costi molto bassi della materia prima, e chi contribuisce di più a produrre CO2 è ovviamente il carbone.. Quindi è ovvio che il sacrificio maggiore lo faccia il settore del carbone”.

Legambiente, Greenpeace e Wwf (in una nota congiunta)
“Un taglio inevitabile. La riduzione si avvicina alla richiesta già avanzata dalle tre associazioni ambientaliste che auspicavano un tetto massimo di 194 milioni di tonnellate di CO2.
Siamo comunque soddisfatti della decisione della Commissione che consideriamo un atto dovuto per allineare, seppur parzialmente, la politica italiana agli obiettivi di Kyoto, almeno nel settore industriale. Nella sua valutazione, Bruxelles ha giustamente tenuto conto della mancanza di misure convincenti di riduzione della CO2 nei settori non regolati dal Piano, il civile e i trasporti. Con un numero minore di quote a disposizione auspichiamo che si applichi finalmente il principio del “chi inquina paga”. Anche con i tagli previsti da Bruxelles, la situazione rimane di cronico ritardo rispetto all’adempimento del protocollo; il governo s’impegni nell’attuare ora una seria politica di riduzione delle proprie emissioni climalteranti, a cominciare da un “no” deciso all’uso del carbone nelle centrali termoelettriche”.

Loredana De Petris, senatrice e capogruppo dei Verdi in Commissione Ambiente
“L’Unione europea dimostra che occorre essere più coraggiosi e che i rilievi fatti dal nostro ministero dell’Ambiente, ma accolti solo parzialmente dal ministero dello Sviluppo economico, andavano nella direzione giusta. Il piano comunque è un grande passo avanti rispetto a quello presentato dal precedente governo di centro destra che era stato respinto dalla Commissione perché aumentava le emissioni anziché diminuirle. A questo punto, invece di insistere sulla strada dell’acquisto all’estero di maggiori diritti di emissione è urgente una seria riflessione sulle proposte scriteriate, che ancora arrivano anche da esponenti della maggioranza, di utilizzo di fonti fossili, come il carbone, che non fanno altro che accrescere le emissioni”.

Tommaso Sodano, presidente della commissione Ambiente del Senato
“Non mi stupisce affatto la richiesta europea. Il governo doveva avere più coraggio; invece la mediazione è stata più attenta alle richieste del ministero per lo Sviluppo economico che non alla questione ambientale, ormai urgente e drammatica. L’Italia è veramente indietro nella comprensione della portata reale del problema climatico o meglio, forse tecnicamente il problema è stato capito, ma non vedo la volontà politica di compiere scelte che marchino realmente una strada nuova. Basti pensare alla vicenda Cip6, ancora sospesa: cosa dobbiamo pensare se non che si sta perdendo tempo per permettere ad altri impianti per la produzione di energia da fonti fossili di ottenere l’autorizzazione e dunque di accedere ai finanziamenti statali?”.

Domenico Tuccillo, vicepresidente commissione Attività Produttive della Camera
“Occorre rispondere a questo obblighi non scaricando tutti gli oneri sulla produzione di energia elettrica, ma spalmandoli su più settori, a partire da quello dei trasporti. In Italia il carbone copre appena il 12% della produzione di energia elettrica, mentre in Europa la media è del 30%”. Di qui la necessità di non caricare il peso dei tagli solo sul settore elettrico, non essendo possibile immaginare di far dipendere dal gas tutta la nostra produzione, e tenendo conto che le energie rinnovabili possono coprire solo un segmento molto limitato del mercato. Infatti, c’è il fondato timore che la riduzione dei tetti di emissione di CO2, stabilita oggi dalla Commissione europea, difficilmente si potrà risolvere con un’effettiva riduzione delle emissioni; molto più realisticamente si tradurrà nel dover pagare le emissioni in sovrappiù a chi ha tetti più bassi, avendo fatto ricorso al nucleare nel proprio paese”.

Francesco Ferrante, senatore della Margherita e capogruppo Ulivo in Commissione Ambiente
“Ora la palla torna al governo italiano che dovrà rivedere quel piano accogliendo le richieste dell’UE e cogliendo l’opportunità che il protocollo di Kyoto offre in termini di incentivazione dell’innovazione tecnologica nelle modalità di produzione e distribuzione dell’energia elettrica. Sono necessari più incentivi per il risparmio energetico e le fonti rinnovabili e una riduzione del consumo di fonti fossili, come d’altronde stanno facendo tutti i governi più avanzati d’Europa, dall’Inghilterra alla Germania”

Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera
“Ora si devono trovare rapidamente le soluzioni di cui il Governo e l’intero sistema paese devono farsi pienamente carico. La riduzione delle emissioni di gas serra non è un vincolo episodico da aggirare alla bene e meglio, ma un’assunzione di responsabilità improrogabile per affrontare una delle sfide più impegnative che abbiamo davanti”.

Mirko Lombardi, responsabile Ambiente del Prc
“Non è piacevole fare figuracce europee sulla questione del clima, cioè sulla questione politica più rilevante di questi tempi. Eppure, nonostante l’avessimo detto per tempo, con i toni ed i modi della critica costruttiva, si è preferito assecondare Enel e Confindustria, anche sei i dati che criticavano il piano delle emissioni erano stati ampiamente illustrati dal mondo scientifico e da tutte le associazioni ambientaliste. La fuoriuscita dall’uso del carbone è necessaria, insieme alla drastica riduzione dei combustibili fossili ed un robusto piano di efficientizzazione degli impianti e del risparmio energetico. Con lo sviluppo delle fonti rinnovabili, questa è la strada per fare un balzo nella drastica riduzione delle emissioni di CO2“.

15 maggio 2007

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