L’auto europea in panne

  • 19 Febbraio 2007

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E' troppo conservativa la proposta di Direttiva europea della Commissione sui limiti delle emissioni degli autoveicoli venduti nell'UE. Un articolo di Mario Zambrini dell'Istituto di Ricerche Ambiente Italia

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La “Strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture” approvata dagli Stati Membri nel 1996 indicava, quale obiettivo da raggiungere entro il 2005 (o al più tardi entro il 2010), un fattore di emissione unitario medio per le nuove autovetture vendute nell’UE non superiore ai 120 grammi/km.
Nel 1998 l’associazione europea dei produttori di automobili (ACEA) si impegnava a ridurre le emissioni delle nuove autovetture immesse sul mercato UE a 140 g/km entro il 2008. Lo stesso obiettivo veniva adottato, l’anno seguente, dalle associazioni dei produttori coreani (KAMA) e giapponesi (JAMA). Il traguardo del 2008 è ormai prossimo, ma il trend delle riduzioni effettivamente ottenute sulla media delle auto vendute in Europa lascia prevedere che quell’obiettivo non sarà conseguito: si stima, infatti, che l’attuale livello medio di emissione per chilometro percorso sia pari a 162 g/km, e dunque ben lontano dal target a suo tempo indicato dalla Commissione, ma anche da quello spontaneamente adottato dalle industrie del settore.

E’ in questo contesto che si inserisce il discusso iter della proposta di direttiva della Commissione Europea mirata a definire su base non più volontaria, ma obbligatoria, un tetto alle emissioni di CO2 degli autoveicoli commercializzati in Europa. Pertanto, la futura direttiva europea dovrebbe imporre ai produttori il conseguimento di quei limiti che essi stessi avevano a suo tempo promesso. Anzi, per non correre il rischio di apparire eccessivamente penalizzante, la proposta si attesterebbe su un obiettivo di 130 grammi/km di CO2 (rispetto ai 120 indicati dalla Commissione ben dieci anni fa’) da raggiungere entro il 2012 (a vantaggio delle case costruttrici), prevedendo il rispetto del limite di 130 g/km a partire dal 2012 (con un “bonus” di ben 4 anni rispetto alle scadenze assunte dagli stessi produttori); l’ulteriore riduzione di 10 grammi, secondo la proposta in discussione, potrebbe però essere ottenuta con interventi su carburanti alternativi, pressione dei pneumatici, efficienza degli impianti di climatizzazione, ecc.

Nonostante gli impegni assunti da tempo, la proposta del Commissario Europeo Stavros Dimas ha suscitato una dura opposizione da parte dei produttori di autovetture, che la considerano “arbitraria e insostenibile”, trovando peraltro sponda nel Vicepresidente della stessa Commissione Europea. Secondo i produttori, infatti, con un limite fissato relativamente alla media delle emissioni di tutte le autovetture vendute nel corso dell’anno, e non differenziato in funzione della cilindrata, si corre il rischio di penalizzare le case automobilistiche i cui listini contengono prevalentemente modelli con elevate prestazioni rispetto, ad esempio, alle autovetture prodotte dalla FIAT che, proprio in virtù della più bassa cilindrata media della propria produzione, si è guadagnata – con una emissione media stimata all’anno 2005 in 139 g/km – il primo posto nella classifica elaborata dall’autorevole associazione ambientalista Transport & Environment.
Per contro, le cautele e le schermaglie che accompagnano la fissazione di una soglia alle emissioni unitarie “medie” del venduto annuale appaiono quanto meno fuori luogo, considerata la rilevanza che i temi associati al cambiamento climatico stanno assumendo in questi ultimi mesi e l’urgenza, ormai universalmente accettata, di attivare quanto prima possibile politiche in grado di invertire da subito l’insostenibile tendenza all’incremento delle emissioni e delle concentrazioni globali di CO2.
Per quanto riguarda, in particolare, il settore dell’automobile occorre considerare il fatto che la gran parte delle percorrenze si sviluppa su distanze medie, brevi e/o brevissime, che le velocità massime di punta ammesse non superano – sulle strade europee – i 120-130 km/h, e che, comunque, i livelli di congestione presenti nelle aree urbane e metropolitane determinano velocità di marcia assai più contenute; in queste condizioni, le prestazioni dei modelli più “potenti” (quelli che aumentano la media delle emissioni unitarie) sono sottoutilizzate, se non del tutto fuori scala rispetto alle reali esigenze della mobilità.

L’estensione della gamma di modelli offerti sul mercato nazionale e internazionale evidenzia un ampio spettro di prestazioni, anche sotto il profilo dei consumi e delle emissioni di CO2. Secondo i dati tratti dalla Guida edita dal Ministero dell’Industria ai sensi della direttiva 1999/94/CE, ad esempio, risulta che:
• Le dieci autovetture a benzina “più efficienti” fra quelle vendute in Italia hanno emissioni unitarie di CO2 comprese fra 104 e 121 g/km, e consumi di carburante in ciclo urbano compresi fra 5 e 6,8 litri/100 km, mentre le dieci autovetture diesel “più efficienti” hanno emissioni di CO2 comprese fra 86 e 115 g/km e consumi in ciclo urbano compresi fra 3,8 e 5,5 litri/100 km.
• Assai meno promettenti le performance delle autovetture di grande cilindrata (2-3 litri), che generano emissioni di CO2 comprese fra circa 180 e 280 g/km, e dichiarano consumi in ambito urbano compresi fra 10 e 16 litri/100 km. Quanto ai cosiddetti SUV (e in generale autoveicoli a trazione integrale) le loro emissioni si collocano frequentemente oltre i 300 g/km di CO2. Un noto fuoristrada emette, ad esempio, 380 g/km e consuma 18-20 litri/100 km nella versione a benzina, ovvero 250-270 g/km di CO2, e 12 -13 litri/100 km nella versione diesel.
• Le performance dei modelli FIAT variano fra un minimo di 127 e un massimo di 275 g/km (benzina) e fra 114 e 210 g/km (gasolio). I consumi urbani si collocano fra 6,8 e 13,7 l/100 km (benzina) e fra 5,4 e 10,8 l/100 km (diesel).
• Ma l’auto italiana non è solo FIAT: una nota casa di autovetture sportive “vanta” emissioni unitarie comprese fra un minimo di 440 e un massimo di 570 g/km (i corrispondenti consumi in ambito urbano variano fra 30 e 40 litri/100 km, mentre fuori città la performance si attesta su 13-15 litri/100 km).

Il problema, dunque, non è solo quello delle emissioni medie stimate relativamente ai modelli venduti, quanto piuttosto quello delle effettive emissioni totali e del loro trend. Occorre in questo senso avviare da subito una drastica riduzione dell’impatto del traffico agendo contestualmente sulle emissioni medie, sulle emissioni massime, sull’uso dell’autovettura e sui comportamenti di guida. E’ evidente che, considerata la stretta dipendenza che sussiste fra emissioni di CO2 e consumo di carburante, porre un limite massimo alle emissioni equivale a limitare la potenza dei veicoli venduti, e che tale limitazione potrebbe determinare conseguenze anche pesanti sul mercato dell’automobile; d’altra parte, l’entità dei potenziali impatti associati al cambiamento climatico dovrebbe da sola bastare a giustificare – sul piano etico – l’inammissibilità di preferenze e comportamenti tali da determinare consumi ed emissioni non necessari: se già ora è possibile percorrere un km con un’emissione di 80 g di CO2, in altri termini, non dovrebbe essere possibile, in un futuro prossimo, emetterne 350 per percorrere la medesima distanza.
Le tecnologie che consentono di ridurre drasticamente i consumi (e le emissioni) sono del resto mature da diversi anni; le politiche commerciali delle case produttrici hanno viceversa continuato, negli ultimi decenni, ad incoraggiare l’orientamento dei consumatori verso modelli meno efficienti sotto il profilo energetico, ancorché più “prestanti”, con ciò limitando, nei fatti, una più rapida e generale diffusione di modelli più efficienti. Ora è il momento di imprimere una drastica accelerazione al cambiamento dei modelli e dei comportamenti. Magari cominciando da qualche piccolo e simbolico segnale: perché, ad esempio, non adottare da subito il limite di 120 g/km alle emissioni di CO2 di tutte le autovetture di servizio e di rappresentanza utilizzate dalla Pubblica Amministrazione a tutti i livelli, dall’Assessore comunale al Presidente del Consiglio?

Mario Zambrini
Istituto di Ricerche Ambiente Italia

19 febbraio 2007

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