Clima, il mondo rischia la bancarotta

  • 2 Novembre 2006

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A rischio il 20% del Pil mondiale: sarebbe una crisi peggiore di quella del '29. Il documento: solo misure energetiche immediate eviteranno la catastrofe. Rapporto inglese: 5,5 trilioni per riparare i danni dell´effetto serra di Antonio Cianciullo. L'articolo è uscito su La Repubblica di lunedì 30 ottobre 2006

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ROMA – Fino al 20 per cento del prodotto lordo mondiale perso per colpa del global warming. E fino a 200 milioni di profughi, l´esodo più massiccio della storia moderna, in cammino per scappare dal deserto. Sono le due cifre che riassumono lo scenario del futuro climatico dipinto non da un ambientalista ma da un ex dirigente della Banca mondiale, l´economista Nicholas Stern.
Il rapporto, anticipato ieri da The Observer, cade come un colpo di frusta nel salotto buono dell´economia che finora aveva cercato di minimizzare le conseguenze dei cambiamenti climatici prodotti principalmente dal modello energetico basato sul petrolio e sui combustibili fossili. In uno studio di 700 pagine, commissionato dal governo britannico e pubblicato oggi, Stern analizza con puntiglio l´impatto del riscaldamento globale sui vari comparti produttivi da oggi al 2100, e lo scenario che emerge è impressionante.

Nella migliore delle ipotesi il 5% del prodotto lordo dovrà essere speso per riparare i danni prodotti dal nuovo clima, ma nello scenario peggiore si arriverà al 20%, cioè a 5,5 trilioni di euro. L´effetto combinato dall´aumento dei fenomeni estremi (siccità, alluvioni, uragani), del collasso di interi settori agricoli e dell´aumento del livello dei mari costituisce un pericolo gravissimo per la capacità di tenuta dell´economia mondiale e per gli equilibri politici, nonché per le specie viventi, delle quali il 40% sarebbe a rischio. L´inaridimento di interi paesi costringerà fino a 200 milioni di persone a mettersi in marcia per cercare una terra in cui sopravvivere: una pressione demografica rapida e violenta destinata a far crescere tensioni già alte.
Lo studio di Stern suggerisce di seguire la strada del cap and trade, cioè fissare tetti per le emissioni di gas serra e attivare il mercato in modo che, attraverso un sistema di obblighi e di incentivi, le industrie siano spinte ad accelerare l´innovazione verso il risparmio energetico. È la via già indicata dal protocollo di Kyoto, finora boicottato dall´amministrazione Bush. Ma l´intesa dovrà ora essere allargata ai paesi di nuova industrializzazione, come la Cina e l´India: senza il loro contributo la partita è persa.
L´allarme è rafforzato da un´altra ricerca, “Up in Smoke 2”, elaborata da un gruppo di associazioni non governative britanniche: Oxfam, la New Economics Foundation e il Working Group on Climate Change and Development. Secondo questo studio, gli aiuti economici all´Africa sono già vanificati dall´aggravarsi dell´effetto serra perché la crescita delle temperature (in alcune zone si è arrivati a 3,5 gradi negli ultimi 20 anni) ha aumentato l´estensione delle zone aride. E così, nella sola Africa sub sahariana, l´anno scorso si sono registrati 25 milioni di affamati.
«Rischiamo un collasso più tragico di quello del 1929, data d´inizio della Grande Depressione», avverte Michele Candotti, segretario del Wwf. «A rischio, oltre all´economia, c´è la pace: 200 milioni di profughi in fuga sotto la spinta di siccità, alluvioni e carestie rappresentano un pericolo sempre più concreto».

Antonio Cianciullo

2 novembre 2006

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