Se la quotazione dell’emissione oscilla

  • 21 Luglio 2006

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Dalla Germania i motivi della volatilità nelle quotazioni dei diritti d'emissione di  CO2. di Federico Bruciani

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È ben noto a tutti gli esperti del settore come le quotazioni dei diritti di emissione, dopo una iniziale impennata (inaspettata) fino a 31€ a tonnellata nel 2005, si siano assestate intorno ai 20€. Il prezzo di una tonnellata è di 17,13 € nel momento della stesura di questo articolo.

I motivi dell’impennata sono da attribuire, a parere di esperti, ad una serie di motivazioni:

  • la convinzione che in Europa c’erano troppi pochi certificati in circolazione con una copertura insufficiente di circa 100 milioni di tonnellate; 
  •  l’aumento dei prezzi del petrolio e del gas; 
  • i 10 Hedge-Funds (http://en.wikipedia.org/wiki/Hedge_fund) attivi in questo mercato, che sono la punta di diamante degli speculatori di borsa.

Vittime di questi meccanismi sono i consumatori, che solamente in Germania, si sono visti addebitare in bolletta nel 2005 circa 5 miliardi di euro in più dai produttori di energia. Da notare che nello stesso periodo, alla borsa di Lipsia, il prezzo dell’energia elettrica è aumentato del 60% mentre il prezzo dei combustibili fossili solo del 7%.

È interessante approfondire ulteriormente il caso della Germania, che rappresenta da sola un buon quarto dei diritti di emissione in Europa e dove, per compensare le ipotizzate inadempienze di certificati, sono stati emessi certificati in abbondanza.

Il governo berlinese, resosi conto della situazione, ha attivato una correzione ex-post ed ha fatto sparire almeno 10 milioni di certificati. Lecito? Non lecito? Sarà la Corte di Giustizia Europea a decidere sul ricorso presentato. Allo stesso tempo, tramite ottimizzazioni e trasferimenti di certificati verso centrali più moderne, ha recuperato altri 9 milioni di tonnellate.

Quali sono le novità introdotte con il nuovo NAP II 2008-2012 (National Allocation Plan) per la Germania? Nel sito della Commissione Europea (http://ec.europa.eu/environment/climat/pdf/nap_germany_final.pdf) si può leggere che:

  1. d’ora in poi i produttori d’energia dovranno risparmiare di più del settore industriale;
  2. piccoli impianti, che producono al massimo 25.000 tonnellate di CO2 all’anno, sono liberati da ogni impegno di riduzione;
  3. la cosiddetta regola d’opzione e abolita, con possibilità di correzioni posteriori (ex-post);
  4. secondo il dettame di Bruxelles i certificati non devono più essere allocati gratuitamente ed una parte, al massimo il 10 %, possono essere messi all’asta;
  5. la dotazione di certificati da allocare ai nuovi impianti produttivi energetici che saranno in rete entro il 2012.

Le reazioni non si sono fatte attendere, specialmente a riguardo del punto 5. Il WWF e l’Öko Istitut (Istituto di ricerca tedesco su problematiche ambientali – http://www.oeko.de/new/dok/321.php) si sono espressi all’unisono criticando aspramente la regolamentazione per i nuovi impianti la quale prevede che i certificati siano allocati secondo il tipo di combustibile usato. Ovvero gli impianti a carbone ottengono più del doppio di diritti di emissione che impianti a gas (750 grammi/kilowattora contro 365 g/kWh). Nei primi 14 anni di funzionamento non c’è nessun obbligo di riduzione di emissioni e questo suona come un non auspicabile passo indietro rispetto al passato.

In questo modo, secondo il WWF, Il commercio dei diritti di emissione porterà nei prossimi 25 anni ad un risparmio di soli 20 milioni di tonnellate di CO2 mentre i fautori dell’oro nero continueranno anche nei prossimi decenni a fare soldi a piene mani.

 
Federico Bruciani, Prorinnovabili (www.prorinnovabili.it)

21 luglio 2006

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