L’energia del Dpef

  • 18 Luglio 2006

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Il nuovo Dpef del Governo Prodi si occupa in anche di energia. Uno dei principali nodi è quello delle liberalizzazioni. di Roberto Ballarotto

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Quello del governo Prodi è un DPEF diverso; leggendolo, si avverte qualcosa di particolare.
Questo DPEF ha un’anima; è palpabile la tensione verso un’Italia migliore, da costruire non con artifizi contabili, ma con l’orgoglio di volere e potere far crescere insieme il nostro paese in un contesto socialmente e ambientalmente equo.
E questa tensione emerge anche sui temi dell’energia, partendo dalle liberalizzazioni.
Il Governo intende accelerare su questa strada, perseguendo una separazione non solo societaria, ma anche di proprietà tra produzione e reti di trasmissione.
Vengono inoltre integrate nella politica energetica le opportunità offerte da provvedimenti diversi dalla semplicistica rincorsa della domanda con un aumento dell’offerta tradizionale.

Si prevede di:

  1. promuovere le fonti rinnovabili secondo logiche di filiera industriale;
  2. sostenere le forme di produzione distribuita;
  3. sviluppare le “agro-energie”;
  4. innalzare l’efficienza energetica dando segnali economici di orientamento della domanda;
  5. perseguire gli obiettivi del protocollo di Kyoto individuando quelle misure che consentano di massimizzare i benefici indotti sull’economia nazionale in termini di tutela dell’ambiente e minimizzare i costi complessivi di adempimento agli obblighi del Trattato.

In particolare, per il settore dell’edilizia, grandi potenzialità di risparmio di CO2 (unite a grandi possibilità d’incremento di PIL e occupazione) sono attribuite ad un programma straordinario di incentivazione delle ristrutturazioni energetiche del patrimonio edilizio (sul tipo della detrazione IRPEF del 36%).
Questa strada viene suggerita sempre più spesso da diversi soggetti, anche all’interno del Ministero dello Sviluppo Economico; potrebbe essere opportuno riprendere la proposta che formulò nel lontano 2004 il tavolo di lavoro su “La Casa Ecologica”, istituito presso il Ministero dell’Ambiente, e mai accolta in finanziaria.

C’è comunque una strada da continuare a percorrere; è evidente che questo approccio non fa parte di un acquisito patrimonio comune nei diversi estensori dei capitoli. Si nota un parziale scollamento fra il capitolo ENERGIA e quello AMBIENTE; non è un caso che la nota aggiunta sul rispetto del protocollo di Kyoto sia vissuta troppo come onere per le imprese e per la finanza pubblica e non come un utile e decisivo strumento per ripensare e riorganizzare la politica energetica italiana.

Ma siamo ottimisti e fiduciosi che la finanziaria possa contenere provvedimenti incisivi per modificare l’arretrato assetto energetico del nostro paese.

Roberto Ballarotto, Ingegnere

18 luglio 2006

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